3 gennaio 2023
Il 2022 è stato per l’acciaio un anno particolare, caratterizzato – a causa della crisi ucraina, dell’inflazione e degli elevati costi – da una fase fortemente rialzista dei prezzi, alla quale è seguita una discesa altrettanto forte e repentina. Tuttavia, in questi ultimi scampoli di anno sembra che le nubi si stiano rischiarando e che il 2023 possa portare, nonostante le numerose sfide, a un consolidamento della ripresa non solo delle quotazioni ma anche della domanda. A dirlo è Riccardo Benso, presidente di Assofermet, l’associazione nazionale delle imprese del commercio, della distribuzione e della prelavorazione di prodotti siderurgici.
Presidente Benso, può farci un resoconto e offrirci un bilancio dell’anno che si avvia alla conclusione?
È stato un anno molto particolare. Era partito tutto sommato sull’onda dell’anno precedente che era stato molto buono. Stava mostrando però già qualche leggera presa di fiato rispetto al clima effervescente del 2021. A seguito del 24 febbraio, data dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, c’è stata una fase estremamente “bullish”, dopodiché da maggio è subentrato un mix di ritracciamento dei prezzi naturale a compensazione di una fase estremamente speculativa. Il secondo semestre è stato poi caratterizzato da una presa di coscienza del fatto che si era andati troppo in alto in termini di prezzi. C’è stata quindi una fortissima discesa delle quotazioni, con una serie di grandi preoccupazioni legate al comparto dei costi, non solo energetici ma anche logistici e di determinate materie prime, unite a un fortissimo aumento dei tassi di interesse. Abbiamo quindi vissuto tra settembre e metà novembre una fase molto complicata, caratterizzata da scarsa domanda, grande incertezza e assenza di consumo apparente a seguito anche di una diminuzione delle vendite. Tutti avevano acquistato pesantemente nel primo semestre pensando di poter fare di più, dopodiché la situazione si è mostrata più debole e a quel punto, inevitabilmente, le scorte sono aumentate. Il sistema è andato un po’ in panico e ha fatto l’unica cosa che poteva fare: tirare i remi in barca e smettere di acquistare. La domanda comunque non è del tutto scomparsa: nel settore della distribuzione, diversamente da quanto visto in quello dei produttori, una certa domanda è sempre rimasta. Certo, questa è stata impattata da uno stress sui prezzi fortissimo dovuto all’inaspettato rallentamento di ordinativi alle acciaierie. Ecco, il 2022 è stato un mix di tutti questi fenomeni “eccessivi”. Tuttavia, credo che il bilancio sarà per molti simile a quello del 2021, quindi in generale molto positivo. Qualcuno ha sofferto di più, qualcun altro meno, ma penso che questo sia stato ancora un ottimo anno per il settore della distribuzione.
Su quali temi si è concentrato principalmente il lavoro di Assofermet nel corso dell’anno?
In una prima fase, l’associazione si è concentrata molto sui temi legati alla Salvaguardia Ue sulle importazioni di acciaio, perché negli ultimi anni come distributori abbiamo patito molto il fatto di essere sempre sotto osservazione rispetto alle nostre modalità di acquisto extra-europeo, ma anche per il fatto che l’Europa si è dimostrata non pronta a sopperire a tutte le esigenze del settore manifatturiero europeo. È un dato di fatto: lo shock che c’è stato dopo la prima ondata pandemica, il relativo shortage, il ritardo nel riattivare gli impianti e l’eccesso di domanda hanno generato una necessità extra per il sistema manifatturiero che si è riversata anche sui flussi di importazione. Tutto normale e sano, a mio avviso nulla di pericoloso o da contrastare. Sappiamo di avere una visione differente da quella dei produttori. Adesso la situazione è diversa, perché è chiaro che il sistema produttivo europeo è sotto stress e quindi è cambiato un po’ il paradigma, ma resta il fatto di fondo che noi come distributori restiamo convinti che, così come è stato pensato, il provvedimento vada sospeso. Siamo più che disponibili però per delle modifiche, per ragionare su come rendere questi strumenti più rapidi e flessibili, con l’obiettivo di proteggere la filiera nella sua totalità e non soltanto in alcune sue parti a discapito di altre. Penso che il confronto con i vari attori istituzionali debba avvenire portando al tavolo tutta la filiera e soprattutto gli end user, anche per creare una discontinuità rispetto al passato. Abbiamo comparti strategici come per esempio l’automotive e l’elettrodomestico, votati all’export e quindi in costante competizione sul mercato globale, quindi non possiamo pensare che queste preziose aziende rimangano competitive nonostante provvedimenti che inevitabilmente tendono ad alzare il costo delle materie prime regolamentandone eccessivamente la reperibilità. Penso che quello di Assofermet sia un approccio responsabile: vogliamo proteggere i nostri clienti perché facendolo permettiamo loro di posare a terra investimenti, di crescere, di comprare più materiale da noi distributori e tutto questo è il presupposto perché ci sia uno sviluppo economico anche a monte.
Vi siete occupati molto anche del tema delle modifiche al regolamento Ue sulle spedizioni di rifiuti, cercando in particolare di scongiurare un divieto all’export di rottame verso i Paesi extra Ue.
Sì, Assofermet e il comitato Rottami hanno dedicato molto tempo ed energie a questo argomento e direi che abbiamo portato un contributo molto importante, perché se oggi non c’è ancora un provvedimento che vieta le esportazioni dei rottami dall’Europa è grazie anche ad associazioni come la nostra che hanno esercitato un legittimo ruolo nelle sedi opportune per spiegare che l’Europa non ha bisogno di bloccare le esportazioni di rottame. Anzi, basta guardare i numeri: abbiamo nel mercato dell’Unione un surplus di offerta di quasi 20 milioni di tonnellate di rottami. Basterebbe ciò a sfrondare tutte le argomentazioni a favore di provvedimenti tranchant sulle esportazioni. A questo si può aggiungere che bisogna capire poi di quali rottami stiamo parlando, perché è chiaro che gli impianti europei non possono trattare qualsiasi tipo di materiale. A nostro avviso un divieto alle esportazioni di rottame causerebbe uno shock sul comparto del riciclo e dunque un rallentamento del meccanismo della raccolta e del recupero. Il nostro invito è anche in questo caso al buonsenso e alla responsabilità.
Lo scorso marzo Acciaierie d’Italia ha annunciato un nuovo listino prezzi comunicando al contempo ai clienti che la revisione al rialzo riguardava retroattivamente anche gli ordini presi da gennaio in poi. Cosa ha comportato questa rinegoziazione unilaterale dei contratti?
Ad oggi possiamo dire che il contenzioso tra ADI e noi clienti è stato quasi completamente risolto. Resta il fatto che nei mesi scorsi ha generato fortissime tensioni. Come distributori non ci saremmo mai aspettati che un management esperto e attento alla relazione con i propri clienti potesse pensare che un’iniziativa del genere sarebbe stata digerita dal sistema. Il sistema si è infatti ritratto in maniera fortissima e compatta. Anche grazie al contributo del comitato Acciai presieduto da Paolo Sangoi, abbiamo lavorato molto per cercare di condurre ADI rapidamente verso il totale ripensamento di quanto deciso e alla fine ci siamo riusciti, anche se un po’ tardi visto che la questione si è risolta a cavallo del periodo estivo. Il grosso dei danni era ormai stato fatto, per certi versi soprattutto su ADI, proprio perché in una fase in cui il prezzo ha raggiunto record storici l’azienda si è trovata all’interno di uno spaventoso conflitto di affidabilità con i suoi clienti, che hanno deviato la maggior parte degli ordini su altri produttori. Di conseguenza, non è riuscita a massimizzare i profitti in un momento molto favorevole per i produttori. Da italiano me ne dispiaccio, perché ADI, un gruppo in difficoltà strutturale da anni, ha perso l’opportunità di fare incetta di ordini, consolidare le proprie relazioni, costruire un abbondante margine e quindi “mettere fieno in cascina” per delle sfide future. Va poi sottolineato che, purtroppo, quando un rapporto di fiducia si incrina è necessario del tempo poi per ricostruirlo.
In che modo si sta concludendo il 2022 dal punto di vista del mercato e quale pensa che sarà la situazione al termine della pausa natalizia?
Nel quarto trimestre i prezzi, dopo essersi più che dimezzati rispetto ai picchi di aprile, hanno raggiunto il cosiddetto “bottom”. Il ritracciamento è stato secondo me eccessivo e la dimostrazione di ciò è che molte acciaierie in tutto il mondo sono in fortissima sofferenza poiché schiacciate sui propri breakeven. Alcune hanno addirittura varcato la soglia di dover decidere se produrre o meno, perché i costi nel frattempo sono cresciuti nel corso del secondo semestre. Nel Q4 la situazione per i produttori è stata veramente critica e ritengo che nel primo trimestre dell’anno nuovo vedremo un assestamento e una tendenza al rialzo del prezzo. È già in atto, perché nelle ultime due settimane almeno il prezzo, anche secondo determinati indici internazionali, ha fatto il giro di boa. È cominciata la risalita, in maniera per ora abbastanza contenuta, ma probabilmente assisteremo a un’accelerazione di questa tendenza, perché il percorso di recupero verso prezzi considerati accettabili dai produttori è ancora piuttosto lungo. Penso ci sia consapevolezza anche da parte dei nostri associati che il prezzo ha raggiunto il fondo, che probabilmente le opportunità migliori sono già passate e quindi che si è entrati in una fase di rialzo dei prezzi; fase che, tuttavia, ci auguriamo non sia come quelle viste negli ultimi anni, se non altro perché caratterizzate da eccessiva volatilità. Speriamo si tratti di una fase più strutturale che consenta ai prezzi di risalire in modo più “morbido” e adatto ai tempi dell’industria della manifattura.
Ritiene che dall’inizio del prossimo anno si possa assistere a una ripresa dei consumi?
Penso di sì, anche perché quelle nubi scure che hanno aleggiato su tutti noi durante l’ultimo trimestre e che prefiguravano una fortissima recessione si stanno attenuando. Molti analisti e istituzioni economiche non solo in Europa ma nel mondo stanno riformulando le loro analisi e si rileva un approccio relativamente migliorativo. Questo non vuol dire che non avremo dei problemi, che l’inflazione sarà sconfitta e che un certo approccio per contenerla non permanga; tuttavia, sarà tutto più attenuato e questo dovrebbe rassicurare i mercati e consentire all’economia di prendere un po’ il fiato. Tutto sommato il sistema finanziario appare più solido e i tassi di disoccupazione non sono su livelli preoccupanti. Insomma, quelli che secondo me sono i veri driver per determinare la situazione generale del pianeta per i prossimi mesi si stanno quantomeno stabilizzando. Basta che solo un altro elemento positivo si aggiunga a quelli già presenti affinché si generi una spinta che potrebbe essere molto utile a far decollare gli investimenti in piani infrastrutturali legati al PNRR e non solo.
Nutre altre aspettative per il prossimo anno?
Mi aspetto sicuramente un’evoluzione dei temi della Salvaguardia, perché ci sono due revisioni in atto: una periodica che era ampiamente prevista e un’altra revisione indotta invece dai risultati di un’indagine condotta dal WTO su richiesta della Turchia. La Commissione Ue dovrà rivedere infatti le misure in senso favorevole alle tesi sollevate dagli esportatori turchi. Intravedo quindi la possibilità di un sostanziale ripensamento dello strumento della Salvaguardia, che come noi di Assofermet diciamo da tempo, nella sua versione attuale è inadeguato, ingiusto mai tempestivo e che ha generato forti distorsioni. Penso che il susseguirsi di queste revisioni possa generare dei cambiamenti importanti. Sul tema dell’export di rottame mi auguro invece che le argomentazioni di Assofermet e le interlocuzioni dell’associazione con gli attori preposti al monitoraggio dei flussi e all’assunzione delle decisioni possano il prossimo anno indurre il legislatore ad essere prudente. In generale, infine, mi auguro che il 2023 possa portare maggiore stabilità rispetto all’anno che si sta concludendo.
9 maggio 2025
Edizione speciale del siderweb TG dedicata all'undicesima edizione di Made in Steel.
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