15 marzo 2022
Nella tempesta perfetta del titolo del webinar odierno di siderweb ci sono soprattutto l’Europa (Turchia inclusa) e l’Italia, per la prossimità geografica e per gli stretti e storici legami commerciali con l’Ucraina e la Russia. Lo ha ricordato l’analista di Kallanish e collaboratore di siderweb Emanuele Norsa, che ha aperto l’evento online e che ne ha illustrato le conseguenze, a partire dalla reazione del mercato internazionale dell’acciaio.
Dove eravamo prima che il 24 febbraio la Russia invadesse l’Ucraina? «Il mercato era chiaramente in un momento di transizione – ha spiegato Norsa -. C’erano segnali di ripresa importanti in Italia, in Nord Europa e dalla Cina. Il Nord America veniva da una pressione sui prezzi dei coils, che avevano raggiunto livelli impensabili, sopra i 1.800 euro la tonnellata».
Poi «la reazione dei mercati è stata molto rapida, ma con velocità e magnitudini diverse. L’Europa, in quanto mercato di prossimità, è stata impattata in modo diretto: i coils a caldo, a esclusione di quelli cinesi, hanno fatto un balzo verso l’alto, dopo una fase di stabilizzazione seguita a una lunga discesa». Il tondo per cemento armato turco ed europeo ha fatto un salto repentino, arrivando ai massimi dal gennaio 2021.
Uno scenario più facilmente comprensibile se si analizza il volume dell’import in Europa dai Paesi CSI nel 2021: «Sono 12,9 i milioni di tonnellate arrivati dalla CSI e altri 6,1 i milioni da altri Paesi europei, secondo la worldsteel – ha spiegato Norsa -. Un legame fortissimo. In più ci sono altre 6-700mila tonnellate di materiale bielorusso, che è stato bloccato dall’Ue nel primo round di sanzioni» dopo lo scoppio della guerra.
Quanto alle materie prime, il minerale di ferro cinese «ha reagito subito a inizio conflitto, facendo un salto importante. Non si è tornati ai livelli record del 2021, ma si è toccato il picco dell’anno. Poi – ha ricordato l’analista – c’è stata una flessione: per le incertezze crescenti nel mercato cinese, anche per il nickel e la risposta dell’LME, e per la nuova ondata di Covid-19». Il rottame turco «ha rotto ogni barriera, salendo a nuovi record, a 650 dollari la tonnellata. Un picco inatteso – secondo Norsa - che mette una pressione importantissima alla filiera, e ancora più direttamente alla filiera turca, italiana e in generale sud-europea. Una pressione spiega anche il salto dei prezzi registrato in Nord America, dove la relazione con i prodotti russi è più limitata ma dove l’andamento del prezzo del rottame è importantissimo». Inoltre il differenziale di prezzo tra le due materie prime «è vicino ai 500 dollari, un gap mai registrato prima, che mette pressioni ai produttori da forno elettrico. Se si aggiunge il costo dell’energia – ha ricordato – il risultato sono le società che hanno confermato la necessità di rallentare o di fermare in alcuni momenti i forni elettrici».
Per ora, ha detto ancora Norsa, l’impatto della guerra in Ucraina sulla Cina è stato limitato. C’è un’altra importante variabile che sta per cambiare le cose: la prima, vera seconda ondata di contagi di Covid-19. Che è vissuta in modo molto diverso da quanto sta accadendo in Europa, dove si è deciso di convivere con il virus.
Infine, ai venti della tempesta perfetta si aggiunge la Salvaguardia. «Russia, Ucraina e Bielorussia – ha spiegato Norsa - hanno molte quote assegnate in termini di volumi. E i dati aggiornati al 9 marzo scorso confermano che questi volumi vengono utilizzati: sono quasi completamente esauriti i contingenti per prodotti chiave, come coils a caldo e tondo». La domanda è cosa succederà ora. «Notizia di oggi è la conferma del blocco delle importazioni di acciaio russo, specificatamente dei prodotti parte della Salvaguardia. A dicembre è iniziata la sua revisione, che dovrebbe chiudersi entro giugno. Credo quindi che i risultati potranno essere molto distanti da quanto ci aspettavamo. E non basterà una redistribuzione delle quote russe e bielorusse, perché ricordiamoci che anche la fornitura ucraina è bloccata e rimarrà problematica».
8 novembre 2024
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