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Ex Ilva: processo “Ambiente Svenduto”, tutti condannati

La Corte d’Assise di Taranto ha deciso: 22 e 20 anni a Fabio e Nicola Riva. Area a caldo confiscata

Tutti condannati in primo grado i 47 imputati del maxi-processo “Ambiente Svenduto” sul disastro ambientale dell’ex Ilva di Taranto.

Le condanne più pesanti

La Corte d’Assise ha pronunciato questa mattina il verdetto che, sebbene sia leggermente inferiore alle richieste della procura, vede condanne pesanti soprattutto per Fabio e Nicola Riva, rispettivamente a 22 e 20 anni di reclusione (la richiesta della procura era stata di 28 e 25 anni). Condanne particolarmente pesanti, con 21 anni e 6 mesi anche per l’ex responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva Girolamo Archinà, insieme ai 21 anni disposti per il direttore di Stabilimento Luigi Capogrosso.

I condannati eccellenti

Tra i condannati “eccellenti” anche l’ex presidente della Regione Puglia Nicola Vendola, 3 anni e mezzo, e anche il direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato è stato condannato a 2 anni di reclusione.

Impianti confiscati: tante incognite per il futuro

I giudici tarantini hanno anche disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo del siderurgico sottoposti a sequestro dal 26 luglio 2012, così come delle società Ilva Spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici.

Confisca dell'area a caldo che sarà operativa ed efficace solo a valle del giudizio definitivo della Corte di Cassazione, mentre al momento permane la condizione di sequestro con facoltà d'uso. 

La confisca delle partecipazioni nelle varie società è invece un intervento per equivalente da 2,1 miliardi di euro.

Proprio il tema delle confische dà vita alle maggiori incertezze sul futuro del siderurgico. Tutti i passaggi fin qui realizzati, dalla gara di cessione, all’evoluzione dell’accordo per la nascita delle attuali Acciaierie d’Italia, sono stati basati sul fatto che la proprietà sarebbe rimasta tale, ma senza ottenere benefici dalle operazioni.

In pratica, essendo l’azienda commissariata in legge Marzano, dalla vendita degli asset i proprietari, che comunque restavano gli stessi di Ilva Spa, non avrebbero visto un centesimo se non dopo che tutti i debiti sarebbero stati saldati. Uno scenario praticamente impossibile, visti i valori del passivo in campo.

Dal momento che ora gli impianti risultano confiscati, la proprietà alla base di accordi e transazioni viene meno, pertanto non è chiaro se gli accordi potranno restare validi. Chi sarà a gestire gli impianti confiscati? Il soggetto pubblico che sarà incaricato di disporne cosa ne dovrà fare?

Sono tutte domande a cui si proverà a dare risposta non appena si potrà analizzare il dispositivo nei dettagli. Appare ancora una volta chiaro che per il siderurgico tarantino pare aprirsi una nuova estate di fuoco.


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