22 aprile 2020
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha convocato per domani una videoconferenza dei leader dei Paesi dell’Ue, che fa seguito alla riunione dell’Eurogruppo tenutasi il 7 e 9 aprile scorso con la quale, al termine di un intenso confronto, è stato raggiunto un accordo parziale – da sottoporre ai capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Ue – su un insieme di strumenti da adottare perché l’Unione fronteggi gli effetti della pandemia Covid-19 sul piano economico e sociale.
Gli strumenti proposti sono principalmente quattro:
Quest’ultima misura costituisce l’aspetto più controverso del negoziato, non trovando pieno consenso da parte di tutti i Paesi membri per la preoccupazione di taluni di essi (Austria, Finlandia, Paesi Bassi e, sia pure con alcuni distinguo all’interno della coalizione governativa, Germania) che per questa via si determini una mutualizzazione del debito, sia pure con esclusione di quello pregresso. Peraltro, allo stato non si dispone di elementi di dettaglio quanto alle caratteristiche e alle modalità di attivazione e di impiego del fondo. Nell’ipotesi avanzata dalla Francia, il fondo dovrebbe trovare collocazione all’interno del bilancio dell’UE su cui, tuttavia, è ancora aperto negoziato che, fino all’esplosione della pandemia, aveva registrato orientamenti fortemente contrapposti tra i Paesi (tra cui l’Italia) che ritenevano già allora indispensabile un aumento delle dotazioni complessive e quelli cosiddetti “frugali” (Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia) che vorrebbero limitare la spesa complessiva all’1% del Pil dell’UE-27, oltre che sulla ripartizione degli stanziamenti tra le diverse finalità, in particolare tra le politiche cosiddette tradizionali (agricoltura e coesione) e quelle più innovative.
Il ruolo strategico del Recovery Fund
Se si vuole uscire dalla pandemia senza le “ossa rotte”, senza vincitori e vinti, è evidente che non bastano i 500 miliardi di euro stanziati con i primi tre strumenti sopra menzionati, che peraltro sono basati su prestiti, non su aiuti, prestiti che sono destinati a pesare sui bilanci nazionali che devono essere ripagati. Certamente, come recita il Rapporto del 9 aprile scorso dell’Eurogruppo, quei prestiti saranno forniti a condizioni favorevoli. Tali condizioni, però, dovranno essere approvate dagli Stati membri. Nel caso del Mes, ciò implicherà di passare attraverso le loro “procedure nazionali e requisiti costituzionali”. Nel medio periodo serve un fondo di solidarietà in quanto le politiche adottate dall’UE indeboliranno i Paesi già indeboliti dalla pandemia (come quelli del sud), a vantaggio dei Paesi meno colpiti (come quelli del nord). Così consolidando la gerarchia di potere, emersa tra di loro, con le crisi del decennio appena concluso. Per questi motivi, l’Italia non può limitarsi a credere alla promesse fatte. Alla riunione del Consiglio europeo di domani essa dovrà chiedere che il Recovery Fund abbia una data precisa per essere attivato, una consistenza finanziaria almeno doppia rispetto alle misure finora prese e si basi su debito comune europeo e non su trasferimenti nazionali.
Il 23 aprile, quindi, probabilmente si decide non solamente il futuro dell’UE, ma anche il nostro rapporto con essa.
Gianfranco Tosini
23 gennaio 2025
Dallo scorso aprile, i prezzi di gas ed energia elettrica hanno imboccato un corridoio rialzista. Siamo ben lontani dai picchi toccati ...
Lascia un Commento