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Coronavirus: come si applica la clausola di forza maggiore

Marco Torsello spiega funzionamento e attivazione di questo particolare elemento contrattuale

Marco TorselloUn mercato sempre più globale impone alle aziende una maggior preparazione anche sul fronte della stesura dei contratti. Un esempio evidente è quello della crisi generata dall’epidemia di coronavirus, una crisi che ha acceso i riflettori sulle clausole di forza maggiore. Siderweb ha chiesto quindi a Marco Torsello (nell'immagine a lato) socio Arblit e docente di diritto privato comparato all’Università di Verona, maggiori chiarimenti su questo particolare aspetto contrattuale.

Il COVID-19 ha innescato un effetto domino che coinvolge l’intera economia mondiale. È legato al coronavirus l’annullamento di numerosi contratti, sia che si tratti di forniture fisiche, che ad esempio di eventi fieristici. Quando può essere invocata una “forza maggiore”?

Spesso i contratti, sia nazionali sia internazionali, contengono una clausola specificamente dedicata alle sopravvenienze contrattuali, ossia alla possibilità che tra il momento della stipulazione del contratto e quello del suo adempimento intervengano fattori esterni idonei a rendere la prestazione materialmente impossibile o significativamente più onerosa, ovvero comunque ad alterare l’originario equilibrio delle prestazioni tra le parti. Generalmente ci si riferisce alle clausole di “forza maggiore” per riferirsi a clausole destinate ad operare allorché un fattore esterno imprevedibile ponga un impedimento insuperabile all’adempimento della prestazione contrattuale, mentre ci si riferisce alle clausole di “hardship” allorché al fattore esterno venga data rilevanza contrattuale anche a fronte di una semplice maggiore onerosità sopravvenuta della prestazione. Va detto, peraltro, che non tutti i contratti contengono clausole di questo tipo: in questo caso, l’eventuale rimedio contrattuale dovrà essere valutato sulla base del diritto nazionale applicabile al contratto, ovvero, nell’ipotesi di contratti di compravendita internazionale di beni mobili a cui sia applicabile la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale, sulla base delle disposizioni di tale convenzione (in particolare, l’art. 79).

L’invocazione di una situazione di “forza maggiore” ha effetti diversi nei vari tipi di ordinamento giuridico?

In assenza di una specifica clausola contrattuale, una soluzione universalmente condivisa è quella di consentire l’esonero da responsabilità nell’ipotesi di impossibilità assoluta della prestazione (ad esempio, nel caso di ordine della pubblica autorità che disponga il divieto assoluto di talune prestazioni in funzione del contenimento del virus). Le soluzioni offerte dagli ordinamenti nazionali, invece, differiscono rispetto a situazioni in cui la prestazione contrattuale sia ancora possibile, ma sia divenuta estremamente onerosa in conseguenza del mutamento delle circostanze indotto dalla diffusione del virus. A fronte di ordinamenti nazionali, come quello italiano e quello cinese, che contemplano l’ipotesi della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione (pur lasciando un ampio margine di incertezza, nel caso concreto, in ordine alla soglia a partire dalla quale l’onerosità sopravvenuta possa considerarsi eccessiva), esistono ordinamenti, come quelli anglo-americani, che considerano il contratto come uno strumento di allocazione dei rischi tra le parti, di modo che, in assenza di un’espressa clausola contrattuale al riguardo, la parte che assume l’obbligo di adempiere una prestazione, assume anche il rischio che l’adempimento di tale prestazione divenga significativamente più oneroso, senza possibilità di invocare alcun rimedio contrattuale.

Invece, in presenza di una clausola di forza maggiore i rischi di interpretazioni divergenti sarebbero eliminati?

Non completamente, poiché anche laddove il contratto contenga una clausola di forza maggiore o di hardship l’interpretazione della clausola può non essere omogenea. È assai poco verosimile, infatti, che la clausola contrattuale contempli espressamente l’ipotesi di un’epidemia da virus Covid-19, cosicché si pone il problema dell’applicabilità della specifica clausola alla fattispecie concreta. Normalmente queste clausole sono costruite intorno a tre fondamentali nozioni: l’evento (o la categoria di eventi) di forza maggiore che fa scattare il rimedio, ponendosi a riguardo il problema di verificare se tra gli eventi contemplati (quali guerre, catastrofi naturali, disposizioni legislative e regolamentari) rientrino anche ipotesi quali “epidemie”, “mass diseases”, o simili, tali da poter essere applicate alla situazione di diffusione del virus Covid-19; le conseguenze dell’evento, nozione la cui interpretazione consente di stabilire se l’evento sopravvenuto rilevi solo a condizione che abbia reso la prestazione impossibile in modo assoluto, ovvero anche nel caso di maggiore onerosità sopravvenuta della prestazione; i rimedi offerti alle parti (sospensione del contratto,  esonero da responsabilità, adattamento del contratto, risoluzione), la cui operatività dipende dal verificarsi di situazioni previste nel contratto in termini generali, con conseguente necessità di un’ulteriore attività interpretativa per verificare la ricorrenza nel caso concreto delle condizioni previste.

Quali potrebbero essere le situazioni di contenzioso più comuni che le aziende saranno chiamate ad affrontare?

Mi sembra che possano configurarsi almeno due possibili scenari che potranno ingenerare un significativo contenzioso, peraltro tra loro strettamente connessi. Da un lato, è inevitabile che, a fronte di un significativo mutamento del contesto economico, in cui una prestazione contrattuale diviene particolarmente onerosa per una parte, quest’ultima cerchi di invocare il proprio diritto ad essere esonerata dalla prestazione, ovvero ad ottenere una revisione delle condizioni contrattuali, mentre l’altra parte invochi il dovere di attenersi scrupolosamente agli accordi contrattuali: in questo caso il contenzioso verterà sull’interpretazione della clausola contrattuale o della disposizione normativa applicabile. Dall’altro lato, temo che, ogni qualvolta un’impresa sia esonerata dalla prestazione per causa di forza maggiore, ciò possa produrre un contenzioso tra altri soggetti a valle della catena distributiva. Mi spiego meglio: immaginiamo che, in conseguenza dell’impatto del virus Covid-19, un fornitore di materie prime o di componenti sia esonerato dal rendere tempestivamente la propria prestazione; quand’anche ciò non determini un contenzioso con il proprio cliente, è comunque alto il rischio che quest’ultimo si trovi a propria volta in difficoltà nell’adempimento dei propri doveri contrattuali rispetto ai propri clienti, ma in tale ipotesi la clausola di forza maggiore potrebbe non essere suscettibile di essere invocata, con l’effetto di esporre l’azienda a ingenti penali contrattuali per il ritardo o l’inadempimento. In problema è che la clausola di forza maggiore non è mai in grado di eliminare il problema (ossia il maggior onere dovuto alle mutate circostanze), ma semplicemente lo sposta, addossandolo ad una parte diversa, con l’effetto pressoché inevitabile di generare contenzioso.

Quale la miglior maniera per tutelarsi?

Inutile dire, oggi, che la migliore tutela è quella preventiva, che presuppone un’accurata redazione delle clausole contrattuali (non solo clausole di forza maggiore, ma anche clausole di indicizzazione, revisione prezzi, rinegoziazione e altre), accompagnata dalla diversificazione delle fonti di approvvigionamento e dal ricorso a strumenti assicurativi o finanziari per la gestione dei rischi. Al di là di questo, in questa fase ritengo sia indispensabile un monitoraggio costante della situazione dei propri fornitori e dei propri clienti, al fine di poter tempestivamente identificare ed affrontare eventuali criticità; nel contempo, è importante condurre un’accurata revisione legale dei contratti in essere per avere un quadro preciso dei rimedi a disposizione dell’azienda e delle proprie controparti contrattuali, anche al fine di predisporre un piano d’azione, sia commerciale che legale, per poter reagire anche nel worst-case scenario, con l’auspicio, ovviamente, di poterci lasciare presto alle spalle l’attuale situazione di emergenza 

 


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