7 settembre 2016
SHANGHAI - Questa è la storia di un Paese. Di una potenza, la Cina, che ha conosciuto in pochi anni uno sviluppo economico senza precedenti. Sviluppo che, in più momenti, ha suscitato però alcune riflessioni sia per una struttura di mercato non sempre al pari delle nostre economie, sia per uno sbilanciamento nella capacità produttiva. Proprio il tema dell’overcapacity nella siderurgia – come, in vero, di altri comparti industriali – è stato inserito nell’agenda discussa dai leader presenti al G20 e definito un “problema globale”, come riferisce una nota diramata dalla Casa Bianca delle scorse ore. E in questo scenario, il ruolo della Cina è preponderante, alla luce della propria produzione che pesa il 50% del totale.
Un ruolo di primo piano, quello conquistato da Pechino nel volgere di un breve tempo, che è anche il risultato di oggettivi punti di forza grazie ai quali questo Paese è stato in grado di sviluppare la propria economia. Vorrei portare all'attenzione su alcune di queste leve, toccate con mano durante questa due giorni di visite previste dal G20 per i Giovani Imprenditori al quale sto partecipando. Elementi sulle quali anche le nostre aziende dovrebbero riflettere e, perché no, farne tesoro.
Tra i fattori che più mi sono rimasti impressi, su tutti pongo la velocità. In Cina, la velocità è tutto. Bastano pochi mesi per ricostruire intere città e le "decisioni" portano in poco tempo alle azioni. È il caso di progetti urbanistici che, dopo un'attenta pianificazione, vengono in alcuni mesi portati a termine.
La seconda leva è la capacità delle imprese locali di fare rete. È il caso di Marchesi Metal Tech Ltd che, con l'alleata Microtek Manufacturing Solutions, è riuscita a mantenere alti livelli di complessità e qualità del prodotto grazie all'integrazione tra clienti e fornitori. Il tema della rete. E il tema della qualità. Non è più vero che il prodotto cinese non è in grado di garantire standard qualitativi elevati. Esistono, infatti, comparti produttivi nei quali l’industria di Pechino ha raggiunto livelli molto alti.
Oggi aziende quali Magneti Marelli stabiliscono in Cina non solo la produzione, ma anche il laboratorio di Ricerca e Sviluppo. La sfida è "Made in China for China", orientando cioè il team di ricerca ad un prodotto di avanguardia che possa allora essere esportato in Europa e nei mercati Occidentali proprio perché di qualità.
Infine, la leva della digitalizzazione. Appartengo alla generazione "techno-oriented", ma a Shanghai sto avendo molte sorprese. Ho imparato che nei ristoranti per pagare non serve il portafoglio, perché da un'applicazione dello smartphone è possibile ordinare e pagare il menù. Vale anche per la spesa, che dal proprio cellulare può essere ritirata grazie ad un qrcode.
E se fossimo noi, in questo momento, a dover "copiare" da loro queste forme veloci e digitali di pagamento? E se fossimo noi a dover rendere più snelli anche i nostri modelli del fare impresa?
Tutto qui in Cina avviene in un contesto di stabilità politica. Interessante pensare che i governi che si insediano proseguono il piano e le attività del governo precedente. Il professore di strategia e imprenditorialità alla MIP Politecnico di Milano School of Menagement Roberto Donà assimila questa stabilità ad un «capitano che prende il controllo di una nave che sta virando. Lui attende la virata, la accompagna e solo a virata conclusa condurrà la nave su nuove acque».
Il problema è che qui, anche i capitani sono più veloci di noi.
Francesca Morandi
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