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La sfida di Draghi: crescita duratura

Dopo lo snodo Green Pass l'obiettivo è riformare il Paese

Translated by Deepl

Primo obiettivo portare l’Italia fuori dall’emergenza sanitaria, ma contemporaneamente dare una prospettiva di crescita duratura al Paese. Il compito di Mario Draghi da quando è diventato inquilino di Palazzo Chigi non è stato certo facile e con il passare dei mesi la questione si sta complicando soprattutto per la litigiosità dei partiti che compongono l’ampia maggioranza che lo sostiene e al contempo per l’approssimarsi dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Ora come ora il nostro Paese non può fare a meno di Super Mario.

In questi mesi si è scritto moltissimo su Draghi, sulla sua figura di garante per le istituzioni europee ma anche per quelle economico-finanziarie, sulla sua schiettezza nelle relazioni internazionali e sul suo ruolo inevitabilmente centrale in tutti i consessi diplomatici. Senza dimenticare lo stupore comprensibile da parte di molti cronisti sulla sua capacità di tenere a bada clienti politicamente scomodi come Salvini e il Movimento 5 Stelle.
Perché allora scrivere ora di Mario Draghi? Perché dopo 7 mesi, con una campagna vaccinale a tappeto (per quanto possibile), e dopo aver posto le basi per la ripartenza del Paese, ora il Governo è chiamato a prove decisamente più politiche. Ma prima una valutazione aggiuntiva sulla velocità di messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza (il famigerato Pnrr): mancano pochi mesi alla prima valutazione europea sulla realizzazione degli obiettivi indicati e richiesti per ottenere i miliardi dell’Unione. L’Esecutivo avrebbe potuto forse viaggiare più spedito anche se alcuni nodi, come vedremo, richiedono un surplus di pragmatismo e mediazione da parte del Presidente del Consiglio. Il punto è che tra metà luglio e metà settembre Draghi è stato impegnato quasi continuamente nella logorante vicenda del Green pass, della sua obbligatorietà e anche involontariamente preso tra più fuochi alla luce delle posizioni delle forze politiche della maggioranza. Con grande probabilità un’altra figura avrebbe dovuto concedere più a realtà rumorose come la Lega e procrastinare decisioni alla luce delle perplessità iniziali dei sindacati. In due mesi è invece riuscito ad introdurre in Italia, Paese abitualmente recalcitrante alle regole universalistiche, una serie di norme e obblighi per il settore pubblico e privato con multe e sospensioni per i trasgressori. Un piccolo capolavoro politico che coinvolge in sostanza 23 milioni di lavoratori, suggellato dalla scelta di mandare di fronte alla stampa i ministri fautori delle scelte che avrebbero potuto essere più divisive. Se è vero che da un lato l’idea di fondo è quella di evitare il più possibile nuove chiusure, la posizione del premier poggia evidentemente sulla convinzione che il green pass (e quindi di riflesso situazioni lavorative Covid-free) sia lo strumento giusto per accompagnare l’economia nel percorso di ripresa. Non solo, l’inflessibilità con cui si è deciso di applicarlo all’interno della Pubblica amministrazione è un primo tassello nel cambio di mentalità che potrebbe condurre alla riforma su cui l’Esecutivo sta lavorando. Insomma il tempo speso per il Green pass da un lato ora mette fretta al Governo ma dall’altro garantisce un driver per il rilancio in un Paese in cui le grandi riforme sono sempre rimaste a metà. Una ragione in più per l’Europa per sostenere Draghi, l’unico politico italiano in grado di garantire di raggiungere gli obiettivi indicati.

Riassumendo quindi lo stato dell’arte sul tavolo c’è la riforma della giustizia, con un percorso forzato di semplificazione del processo civile e di quello penale. Fino ad oggi ha causato molti grattacapi al ministro Cartabia, ma alla fine andrà in porto. Ora si tratta invece di concentrarsi su riforma del Fisco, sulla concorrenza, sulla pubblica amministrazione e pensioni (con l’aspetto più spinoso legato a quota 100, norma bandiera della Lega), senza per questo dimenticare i progetti collegati al Pnrr. Il Recovery plan prevede tra le sue priorità la digitalizzazione del Paese e il rispetto dei parametri del Green deal europeo, con un processo di transizione ecologica che deve essere intrinseco ai progetti presentati alla Commissione europea. Un grande piano che dovrebbe proiettare l’Italia finalmente nel XXI secolo, dopo anni di ritardi e rinvii causati anche da una litigiosità politica che Draghi ha già mostrato di poter ingabbiare.
Tra infrastrutture materiali e non, investimenti pubblici e processi di modernizzazione del Paese, il Governo deve riuscire a superare indenne le turbolenze politiche inevitabilmente legate alla campagna elettorale per la prossima tornata amministrativa di inizio ottobre, con il voto per i sindaci di città chiave come Milano, Torino, Roma, Bologna, Napoli. Ci sarà poi una maxi Legge di Bilancio da predisporre mentre trascorre il semestre bianco, con alle viste l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Decisivo per il futuro prossimo del Paese sarà il ruolo di Draghi anche su quella partita: in Europa molti sono convinti che l’Italia al voto nel 2023 premierà i sovranisti, con tutte le incertezze politiche che ne potrebero scaturire, diventa quindi indispensabile che l’attuale premier resti in carica fino alla fine della Legislatura per realizzare il più possibile di quanto contenuto nel nostro Recovery plan. Insomma la via verso il Quirinale per l’ex presidente della Bce sarebbe sbarrata, prima che dai partiti, da Bruxelles. E in effetti benché il ruolo di Capo dello Stato sia di grande prestigio, all’Italia fa di certo più comodo un Draghi a Palazzo Chigi, visto che oltre alle scadenze di politica interna si annunciano trattative complesse a livello europeo. Se è vero che l’Unione ora che ha instradato le linee economiche fino al 2027 potrebbe concentrarsi sul proprio posizionamento nella politica internazionale, è altrettanto urgente che riveda il meccanismo di bilancio con la riscrittura delle regole di Patto di Stabilità. Il negoziato non si annuncia semplice con i Frugali già pronti a bocciare l’idea di un’Europa del debito che a loro dire sarebbe quella proposta dagli Stati del Sud, e molto dipenderà anche da chi guiderà la Germania nei prossimi anni ora che la Merkel si farà da parte. È fondamentale che Mario Draghi sia della partita e non sia in ruolo non esecutivo come quello del Presidente della Repubblica. Ad oggi non esiste un’alternativa. In fondo lo sanno anche i partiti.


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  • Commento utente

    Hps Steel

    Il Green Pass , "snodo" ? I problemi italiani sono (ben) diversi ....


“Nessuno ha mai commesso un errore più grande di colui che non ha fatto niente solo perché poteva fare troppo poco”

Edmund Burke

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