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Ex Ilva: attesa per la decisione del Prefetto di Taranto

In scadenza l'autorizzazione alla produzione per stoccaggio del materiale. Nuovo pronunciamento in arrivo

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TARANTO - Tutti attendono la nuova decisione del Prefetto di Taranto, Demetrio Martino, sull’ex Ilva di Taranto. Oggi infatti scade il decreto prefettizio dello scorso 26 marzo, con il quale il prefetto aveva concesso ad ArcelorMittal di restate operativa ma con l'attività produttiva al minimo e non più di 5500 lavoratori giornalieri all'interno del siderurgico spalmati sui tre turni, ma impedendole di commercializzare il prodotto realizzato. Un controsenso dell'attività di impresa, che ha lasciato molti perplessi. 

Per questo la società, già lo scorso 16 marzo, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, al ministro allo Sviluppo economico Stefano Patuanelli e al ministro all’Ambiente Sergio Costa, oltre che ai commissari straordinari di Ilva in AS, a firma del presidente e amministratore delegato di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli, che richiamava una prima missiva inviata il 24 marzo dove quest'ultima definiva talmente grave la situazione della società da richiedere al governo «un sostegno urgente».

La Morselli nella lettera ricorda che «all’indomani dell’emanazione del Dpcm del 22 marzo, abbiamo informato il Prefetto di Taranto del fatto che avremmo continuato a produrre una ridotta quantità di acciaio a Taranto, poiché l’impianto a ciclo integrato non può essere spento improvvisamente».

Oltre a ricordare «la sospensione della produzione a fini commerciali sino al 3 aprile e che l’attuale assetto dello stabilimento necessario a salvaguardare l’integrità delle installazione e a prevenire maggiori rischi incidenti rilevanti, che ha previsto non più di 5500 lavoratori all’interno del siderurgico spalmati sui tre turni, con 3500 diretti e 2000 dell’appalto».

«Se la nostra lettura dell’Ordinanza è corretta - scrive ancora la Morselli - sino a quando la stessa sarà in vigore non potremmo vendere le bramme d’acciaio prodotte, prima e dopo l’ordinanza, e ciò anche a fronte di una domanda di mercato per la nostra ridotta produzione».

E quindi, «pur continuando a sostenere tutti i costi legati alla produzione e alla gestione dello stabilimento Ilva, non saremmo in grado di realizzare alcun ricavo dalla vendita di quanto prodotto». Il che «aggrava ulteriormente le drammatiche conseguenze economiche e finanziarie alla nostra società prodotte dalla pandemia e dalle relative misure adottate dal governo».

Di conseguenza, conclude la Morselli, «è nostro dovere informarvi che qualora la nostra lettura dell’ordinanza fosse corretta e la stessa ordinanza dovesse essere prorogata, saremo costretti a prendere in considerazione tutte le misure per salvaguardare la nostra società, compreso l’avvio delle operazioni di messa in stand-by dell’intera area a caldo dello stabilimento di Taranto, nonché la collocazione in cassa integrazione di tutta la forza lavoro il cui impiego non è necessario per svolgere tali operazioni. Ribadiamo, quindi la nostra richiesta di discutere quanto prima la situazione venutasi a creare».

Secondo quanto trapela da fonti ben informate, per oggi il prefetto non dovrebbe assumere nessuna decisione. Potrebbe emanare un nuovo decreto nella giornata di domani, che potrebbe confermare quanto previsto dal precedente, oppure potrebbe consentire ad ArcelorMittal di riprendere la regolare commercializzazione pur chiedendo una marcia minima degli impianti dell'area a caldo.


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