9 giugno 2015 di Fiorenza Bonetti
La mia strada preferita è una via vicina a casa. Tra i campi. Con due «S» in sequenza che mi portano a «tirare» i pochi, stanchi, cavalli della mia auto. Una volta imboccato il breve rettilineo, butto un occhio ai tempi. È da settimane che il mio intertempo non scende. La mia «prova speciale» rispetta i limiti di velocità ed è dettata da una sana e piena consapevolezza della mia capacità alla guida. Ecco, non esattamente pari a quella di Sebastien Loeb. Ma poco importa. La passione non è solo per chi eccelle. La passione, si sa, è passione. Punto. Ciononostante, una fisiologica dose di vanità femminile mi impedirà di trasmettervi qui qualsiasi altro dettaglio relativo alle mie personalissime prove su strada. Preferisco di gran lunga tenere lontano da occhi indiscreti le mie scadenti prestazioni.
La mia passione per i motori ha un’origine che non saprei definire. Sicuramente ha trovato un luogo di espressione all’interno di una mia passata esperienza lavorativa nella quale mi sono occupata di giornalismo di auto racing. Tornare all’interno di quel mondo così appassionato e gioioso lo scorso weekend, seguendo la manifestazione odolese «Acciaio e Motori» - dove, proprio come in passato, mi sono ritrovata a guardare affascinata un quadro nel quale i colori esistono solo se fluo e i profumi ci sono solo se sanno di carburante - è stato un po’ come tornare in una delle tante «case» professionali che ciascuno custodisce nel proprio vissuto.
Un sogno, però, io non l’avevo mai realizzato. Prima di sabato. Ho sempre pensato che assistere e lavorare nell’ambito di manifestazioni automobilistiche fosse appassionante. Seguire rally, cronoscalate – ho sempre preferito discipline motoristiche su strada che su pista – fosse davvero una gran botta di adrenalina. Così come fortissima fosse la curiosità nel visionare ore di filmati di competizioni per cercare di comprendere la caratteristiche delle diverse auto, delle prove speciali, dei fondi stradali. Parlare con piloti e navigatori, poi, per me, era come cercare di scoprire la combinazione di una cassaforte. Attività, quest’ultima, che, ovviamente, viste le prove vicino casa descritte qualche riga fa, non mi è di certo riuscita.
Insomma: io avrei da sempre voluto salire su un’auto da rally. Anche per solo qualche chilometro. Solo per sentire davvero cosa si prova, per toccare con mano la potenza di quelle auto e la straordinaria capacità dei suoi piloti. Lo scorso sabato quel sogno, signori, l’ho realizzato. Come meglio non avrei potuto. Un giro solo, da circa 3 km. Ma che giro. E che auto. Non ho dovuto nemmeno chiedere. L’occasione mi è stata servita, inattesa e improvvisa.
«Facciamo un giro del percorso. Sali in auto prima con questa gamba, poi con l’altra. Comincia a legarti le cinture di sicurezza più in basso, poi prosegui con quelle in alto. Stringile fino a che aderisci al sedile in modo deciso»: le istruzioni sono di Ruggero Brunori. Per la community dell’acciaio è l’amministratore delegato di Ferriera Valsabbia. Ma per il mondo dei motori è un pilota di rally esperto e appassionato. L’auto è quella Porsche 911 SC gruppo 4 targata Rothmans che sfido chiunque a non ricordare alla perfezione. Per i suoi colori. Il suo rumore. I suoi successi a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Un gran pezzo, insomma. Il mio fastest lap – nonché l’unico – è stato davvero da urlo. Anche reale, ve l’assicuro. Quello che sospettavo – e cioè che guardare per ore non fosse nemmeno lontanamente avvicinabile al viverlo un solo minuto – è stato totalmente vero. Un tuono di quelli che ti fanno saltare sulla sedia. Colgo l’occasione per scusarmi qui, pubblicamente, con il dottor Brunori per la mezzora abbondante nella quale è stato costretto a cercare il mio telefono letteralmente scaraventato fuori dalla mia borsa – posata con scarsa lungimiranza e in maniera anche un poco grottesca, dietro il sedile del pilota - dopo, credo, dieci secondi dalla partenza.
«Non si può descrivere la passione, la si può solo vivere», diceva Enzo Ferrari. E il tempo ci ha consegnato i risultati del suo punto di vista. Così come la mia esperienza mi porta i risultati di una community – quella dell’acciaio – che fa della concretezza e della passione uno dei propri punti di forza.
Fiorenza Bonetti
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