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L'editoriale di Emanuele Morandi

Un’Italia senza ILVA?

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Da sempre Siderweb ha fatto delle tre “C” di Conoscenza, Contaminazione e Cooperazione  la sua filosofia, utilizzando il metodo fatto proprio da Einaudi del “conoscere per deliberare”.
Nella vicenda dell’ILVA di Taranto si è smarrito il senso di tutto questo, in una “crisi di razionalità” che rende il dibattito difficile, radicale ed illogico. In essa vi leggo, tra le altre,  tre contrapposizioni “forti” alle quali accennerò soltanto ma sulle quali mi piacerebbe poter aprire un dibattito sereno ed approfondito.

La prima è quella, sulla quale è intervenuto anche il Papa,  tra due diritti sacrosanti che sono stati messi in conflitto tra di loro: il diritto alla salute ed il diritto al lavoro. Due diritti che non possono configgere ma debbono necessariamente convivere. Questo conflitto esiste anche in  altri paesi Europei  (ci sono almeno 25 altoforni funzionanti in Europa). Ma viene gestito in via negoziale e non è mai successo che si decidesse di chiudere un’acciaieria con una sentenza, in cui i profili tecnici del problema appaiono trattati in modo poco chiaro.

La seconda contrapposizione è tra pezzi dello Stato: come è possibile che mentre vengono stanziati 329 milioni di Euro dalla mano pubblica,  che si impegna quindi a garantire continuità aziendale con un piano di risanamento, un’altra parte dello stato (in questo caso la magistratura) decide di procedere al sequestro dell’impianto? Come è possibile che il ministro dell’Ambiente Clini, un tecnico, un medico del lavoro,  si schieri apertamente contro la chiusura dell’impianto decisa dai PM? Ricordo solo quanto ha spiegato il prof. Carlo Mapelli a Siderweb riguardo alla complessità, alla pericolosità ed a i tempi necessari per spegnere un altoforno. Procedura che l’ordinanza del GIP affida ad un pool di tre esperti composto da due rappresentati dell’Arpa  ed uno del Dipartimento di prevenzione ambientale, che – a quanto è dato di sapere – non possiedono specifiche competenze tecniche in ambito siderurgico.

La terza riguarda le visioni contrapposte e “sconvolgenti” riguardanti il ruolo che l’industria manifatturiera deve avere nell’economia dei paesi avanzati. Dalla prima rivoluzione industriale,  il miglioramento delle condizioni di vita e della situazione ambientale è stato una delle conquiste sociali più evidenti.  Basta ancora oggi visitare un’acciaieria cinese  o americana per rendersi conto di quanto è stato fatto in Europa ed in Italia.

Nessuno pensa che le ragioni dell’economia debbano schiacciare l’uomo ed il suo diritto alla salute e alla vita. Ma ognuno deve fare il proprio lavoro. E non è bello leggere nell’ordinanza del GIP di Taranto un attacco alla “logica del profitto” e al “cinismo” degli industriali. Dopo tutto, nella corretta dialettica tra i poteri dello stato, la magistratura applica la legge, sanziona chi non la rispetta ma deve esimersi dall’esprimere giudizi etici o morali.
Senza questa “logica del profitto” che alimenta importanti settori produttivi vitali per l’economia del paese (auto, elettrodomestico, costruzioni, oil & gas, meccanica), l’Italia rischia di essere definitivamente estromessa dalla competizione con gli altri paesi più dinamici del mondo, con ricadute pesanti di carattere finanziario, economico e sociale. 

Emanuele Morandi


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  • Commento utente

    contadino

    Bello, vero, illuminante, saggio. Aggettivi per l'articolo di Morandi. Ogni cittadino con voglia di ragionare dovrebbe chiedersi in che Paese vive. Primo, un PM, UNO, non un collegio supportato da un team, di esperti, mette in scacco un pezzo fondamentale dell'industria nazionale, senza che nessuno, neppure un Ministro possa limitare questo strapotere. Fra qualche settimana accadrà magari che un collegio di giudici dirà che non c'era niente di vero; e non sarebbe la prima volta che accade. "Esagerato il provvedimento di fine luglio" mi sembra già di vedere i titoli, ma intanto l'immagine Italia si è ulteriormente deteriorata nel mondo Occidentale, e i danni si misureranno nei prossimi decenni sul piano economico ed occupazionale. Secondo, ma se l'Ilva a Taranto ha creato tanti danni ambientali, lo Stato dov'era? Mica l'Ilva si sarà messa ad inquinare lo scorso anno. E quand'era di proprietà dello Stato ed era praticamente fallita ed era una voragine che divorava soldi pubbici, cioè nostri e pure dei tarantini, l'Ilva non inquinava? Allora perchè non si è messo mano prima, negli anni e si è arrivati a questi eccessi? Come al solito lo Stato è distratto finché la situazione arriva al punto che andarla colpire arreca grande pubblicità per pochi ma tanti danni per tutti. Il problema Ilva è drammatico perché è la metafora italiana dello Stato che continua ad essere forte coi deboli e debole coi forti; indipendentemente che a comandare ci siano i politicanti o i tecnici. E intanto la disoccupazione cresce, la povertà pure, i giovani se ne andranno tutti e qui rimarranno soltanto vecchi senza pensione. Grazie politica. Grazie professori.


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