4 giugno 2024 Translated by Deepl
Dopo 2-3 trimestri a tendenza prevalentemente negativa, si prevede un incremento modesto, nel 2025, dell’attività dei settori utilizzatori di prodotti piani in acciaio al carbonio. La domanda, dunque, dovrebbe rimanere tra lo stabile e la lieve ripresa. Guardando alle quotazioni, il differenziale tra i costi di produzione e il prezzo di vendita oggi è migliore rispetto al minimo toccato a dicembre 2022, ma non dà spazio a ulteriori riduzioni dei prezzi, pena problemi di tenuta economica delle imprese. Nei prossimi trimestri, quindi, è probabile che assisteremo a tentativi di rialzo delle quotazioni, che però difficilmente andranno a buon fine, perché la domanda è fiacca.
È quanto ha illustrato Gianfranco Tosini, economista dell’Ufficio Studi siderweb, questa mattina nel webinar MERCATO & DINTORNI, incentrato proprio sui prodotti piani.
Con il calo produttivo progressivo che si è registrato tra il 2012 a oggi, a causa dell’ex Ilva, l’import italiano di piani è passato dai 7,8 milioni di tonnellate del 2012 agli 11,6 milioni del 2023. I principali Paesi di origine restano Germania e Francia, ma si è registrato un aumento massiccio dell’import dall’India (passata da 170mila a 1,18 milioni di tonnellate, con una quota di mercato salita dal 2,2 al 10,2%) e dal Vietnam (da 19mila a 985mila tonnellate, dallo 0,2 all’8,5%). Più risicata la crescita dell’import dalla Cina (da 574mila a 749mila tonnellate, con la quota di mercato che è calata dal 7,3 al 6,5%). Un fenomeno che «pone non pochi problemi in prospettiva, quando entrerà in funzione il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism). Potrebbero registrarsi forti incrementi dei costi e un ulteriore riassortimento dei Paesi di origine di questi materiali» ha spiegato Tosini.
Sul medio e lungo termine, il mercato nazionale sarà trasformato dagli ingenti piani di investimento annunciati. La capacità produttiva installata in Italia, ha spiegato Tosini, passerà dai 13,8 milioni di tonnellate attuali ai 16,5 milioni di tonnellate nel 2028 e «ci aspettiamo, dunque, una riduzione dell’import». Il riferimento è agli investimenti di Acciaierie d’Italia, con il graduale passaggio dal ciclo integrale all’elettrosiderurgia, e di Metinvest Adria, con la costruzione di 2 nuovi forni elettrici.
Norsa: prezzi ancora deboli
I primi mesi del 2024 sono stati caratterizzati da una debolezza dei prezzi dei prodotti piani in Europa e nel resto del mondo. Diversamente a quanto verificatosi all'inizio sia del 2022 sia del 2023, la ripresa all'inizio di quest'anno è stata poco accentuata e si è esaurita molto rapidamente per lasciare spazio a una discesa che è stata il riflesso di difficoltà, soprattutto dal lato della domanda. Lo ha affermato Emanuele Norsa, coordinatore contenuti di siderweb. «Anche a livello mondiale - ha sottolineato - il 2024 è partito come anno debole rispetto ai precedenti. I prezzi sono rimasti elevati rispetto al pre-pandemia, ma molto al di sotto dei valori toccati nel 2022 e nel 2023».
Guardando alle materie prime, si è notata in questa prima parte dell'anno una ripresa più forte delle attese da parte del prezzo del minerale, mentre i prezzi dei coils laminati a caldo (HRC) in Europa hanno sofferto molto più di quanto ci si aspettava. «In passato il minerale di ferro ha anticipato i movimenti, sia in positivo che in negativo, degli HRC in Nord Europa - ha ricordato Norsa -. Oggi vediamo un trend diverso tra il prezzo della materia prima e quello del prodotto finito. Ciò potrebbe anticipare una ripresa del prezzo degli HRC, oppure segnalare la difficoltà dei mercati dei prodotti finiti a tenere il passo rispetto ai costi».
Le previsioni sull'andamento della domanda apparente in Europa sono attualmente di una ripresa nel 2024 rispetto al 2023, ma questa sarà contenuta: «Ci porterà ai livelli del 2020, lontani da quelli del 2021 e 2022, ma anche del 2019. Parliamo di una stabilizzazione, non ancora di un rimbalzo vero e proprio».
Concentrandosi sulle importazioni, Norsa ha ricordato la recente proposta di proroga da parte della Commissione europea della Salvaguardia sull'acciaio e le relative modifiche: «All'interno del sistema è previsto un adeguamento che impatterà soprattutto gli HRC, ovvero un tetto del 15% dei volumi che un singolo Paese può esportare all'interno del contingente tariffario residuo». Un cambiamento che, secondo il coordinatore contenuti di siderweb, «dà delle prospettive, ci fa capire quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi». In particolare, le nuove norme, in vigore già dal 1° luglio, «dovrebbero ridurre la competizione da parte delle importazioni, dando ai produttori europei margine per far salire il prezzo domestico. Potrebbe dunque ampliarsi la differenza tra prezzi degli HRC locali in Italia e prezzi degli HRC CIF Italia».
Infine, Norsa ha offerto una riflessione sul mercato dell'acciaio cosiddetto "green". «Ci si chiede - ha detto - se esista un premium per l'acciaio decarbonizzato, se esisteranno due mercati paralleli - quello dell'acciaio tradizionale e quello dell'acciaio verde -, oppure se questi semplicemente si amalgameranno e dunque non ci sarà un premium di un prodotto rispetto all'altro». Ha quindi sottolineato che la domanda di green steel potrebbe toccare i 20 milioni di tonnellate entro il 2030 e che «in questa fase di transizione fino ad allora ci saranno differenze dovute sia alla domanda dei consumatori sia all'offerta dei produttori». Infine, ha ricordato che oltre a quella dei forni elettrici, con l'Italia che è «avvantaggiata grazie ad Arvedi», una via per la decarbonizzazione è rappresentata dal DRI, con progetti in corso in tutta Europa. «La loro implementazione rappresenta la soluzione ulteriore necessaria per raggiungere la qualità di produzione necessaria per soddisfare l'intera filiera della domanda», ha affermato Norsa.
Redazione siderweb
4 ottobre 2024
Nuova edizione del siderweb TG. #siderwebtg Credits: archivio siderweb; World Steel Association media library.
Lascia un Commento