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L’Italia punta ad essere campione mondiale anche di acciaio green

Gozzi, Federacciai: «Ragazzi della siderurgia siate temerari ma razionali e, se possibile, fortunati»

RHO (MI) – L’acciaio italiano guarda al futuro e lo fa con uno sguardo attento agli insegnamenti del passato e, allo stesso tempo, con l’entusiasmo e la determinazione di un atleta che, nonostante abbia già raggiunto un primato, ha la consapevolezza di potersi spingere più in là e conquistare record sempre più prestigiosi. 
È questo il sentimento di fondo che ha caratterizzato la relazione 2023 del presidente di Federacciai Antonio Gozzi, la prima nell’assemblea annuale che ha seguito la sua rielezione a maggio dello scorso anno. Assemblea ospitata all'interno di Made in Steel.

Dopo i saluti di rito, Gozzi ha voluto ringraziare i colleghi per la rielezione evidenziando però che «eccezion fatta per alcuni nostri grandi vecchi senza età, anzi eternamente giovani, come Giovanni Arvedi e Amato Stabiumi, credo di essere di voi ahimè il più anziano e quindi quello che, avendo condotto più battaglie, è stato richiamato in servizio per dare un contributo di esperienza e di equilibrio in una fase cruciale per la siderurgia italiana. Spero di non deludervi, ma vi chiedo un vostro costante aiuto perché le sfide e le battaglie che abbiamo davanti sono davvero difficili. Così come chiedo aiuto e ringrazio per il costante lavoro svolto il direttore di Federacciai Ing. Flavio Bregant e tutto il nostro personale». 

Campioni d’Europa
Il presidente dei siderurgici italiani si è poi dedicato ad un viaggio verso il futuro che parte dal presente. Un presente che vede l’acciaio italiano già da ora essere campione europeo per acciaio decarbonizzato; primato riconosciuto anche dal presidente di Eurofer  Francesco Rubiralta Rubio, che aprendo l'assemblea di Federacciai ha detto: «L'Italia è l'esempio che dobbiamo seguire».
«Siamo i siderurgici più green d’Europa – ha rimarcato con orgoglio Gozzi –, e ciò consente all’Italia di essere il Paese dell’Unione con la più alta percentuale di produzione di acciaio decarbonizzato, oltre l’80%, e di rivendicare ai tavoli europei con forza questo primato. E, come detto, tale primato nasce dalle intuizioni dei padri fondatori e dalla loro capacità di trasformare debolezze in punti di forza. Nel secondo dopoguerra italiano le esigenze della ricostruzione ponevano una straordinaria domanda di acciaio. La nuova classe imprenditoriale che si affacciava sulla scena, e al suo interno i nostri padri, non aveva le risorse finanziarie per costruire grandi impianti siderurgici a ciclo integrale. E quindi la scelta del forno elettrico fu in qualche modo obbligata e favorita dai più contenuti investimenti in impianti e dalla grande disponibilità di rottame ferroso del dopoguerra. I salti d’acqua delle valli prealpine, e le centrali idroelettriche che tali salti sfruttavano per produrre energia elettrica, misero a disposizione di quei primi forni elettrici tutta l’energia di cui avevano bisogno. Quando Greta Thunberg era ancora nel mondo dei sogni e quando nessuno poteva pensare al climate change, i nostri padri hanno messo in campo la più grande macchina di economia circolare mai vista in Europa e una produzione di acciaio già allora completamente decarbonizzata. Un’impresa avveniristica e straordinaria». 
Un primato ed una lungimiranza che anche le nuove generazioni siderurgiche hanno mantenuto e per molti versi migliorato sulla base dell’efficienza, la parola d’ordine che ha guidato la produzione nazionale d’acciaio sia durante la grande crisi del 2008-2009 sia la crisi pandemica.
«Essendo campioni europei di decarbonizzazione noi vogliamo ovviamente mantenere il titolo, ma ci proponiamo anche un obiettivo ancora più ambizioso – ha affermato Gozzi –. Non vogliamo solo essere la siderurgia europea più decarbonizzata, come siamo già oggi. Ma, partendo da questo primato, abbiamo in testa di essere nel 2030 la prima siderurgia del mondo che raggiunge una produzione di acciaio completamente green. Mantenere il titolo di campioni europei ed aspirare a diventare campioni del mondo comporta un orizzonte di sfide e di sacrifici». 
Sfide che in primis secondo il presidente di Federacciai devono essere giocate e vinte in sede di politica europea, a cui Gozzi non ha risparmiato ampie critiche per un ambientalismo definito «estremo» in certi ambiti.
«C’è latente un deficit di cultura industriale o addirittura un pregiudizio antindustriale che causano incoscienza o insofferenza rispetto al rischio di scenari di deindustrializzazione dell’Europa che invece si stanno realizzando per l’insipienza delle politiche comunitarie». 
Un altro punto critico Federacciai lo identifica anche nella mancanza del fair trade commerciale che si traduce in flussi di materiale capaci in certi casi di distorcere l’equilibrio di un mercato, come quello europeo, che spesso, per eccesso di burocrazia, fatica a rispondere in maniera efficace e tempestiva. Un fenomeno reso evidente dagli effetti distorsivi causati dalla Section 232 americana ancora in vigore. 
«L’altra grande questione aperta è quella di un progressivo acuirsi delle asimmetrie all’interno dell’Unione per politiche autonome degli Stati membri che minano alle fondamenta l’esistenza del mercato unico». 
«L’Europa deve cambiare approccio e deve farlo rapidamente, pena una vera e propria desertificazione industriale del continente. Confidiamo che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione, che i cittadini europei eleggeranno nel 2024, prendano atto degli errori commessi, correggano il tiro, comprendano la necessità di difendere l’industria europea e di sostenerla come un bene comune nelle grandi sfide del nuovo millennio. Anche noi industriali dobbiamo recitare la nostra parte e fare di più per rappresentare questa esigenza e lo dobbiamo fare con i colleghi degli altri Paesi dell’Unione. Per troppo tempo siamo stati timidi nel sostenere le nostre ragioni». 

I rischi di una nuova Europa d’acciaio
Particolarmente sentito anche il passaggio sulla trasformazione green che l’acciaio europeo ha messo in atto, una trasformazione che vedrà le siderurgie del Paesi membri avvicinarsi sempre più al modello italiano. Un’opportunità dal punto di vista delle emissioni, ma un problema sul fronte materie prime. 
«Ciò comporterà tre grandi problemi – ha sottolineato Gozzi –: Il primo è l’ingentissimo costo di questa riconversione; sempre Eurofer stima 1 miliardo di euro di investimento per ogni milione di tonnellate di produzione riconvertita. Il che significa che le risorse necessarie per la decarbonizzazione di almeno una parte della siderurgia europea si aggirano intorno ai 50 miliardi di euro e non esiste nessun piano europeo per finanziarli. Il secondo è la fortissima crescita del fabbisogno aggiuntivo di rottame e cariche metalliche causato dalla comparsa di decine e decine di nuovi forni elettrici, fabbisogno aggiuntivo che si calcola nella dimensione di circa 50 milioni di tonnellate all’anno. Tale disponibilità oggi non esiste. L’Europa esporta ogni anno circa 20 milioni di tonnellate di questa materia prima critica e, anche riuscendo a bloccare questo flusso di esportazioni fuori dall’Unione, cosa che non ci è mai riuscita anche se ci lavorammo molto con Tajani, commissario europeo all’Industria, ne mancherebbero sempre 30 milioni di tonnellate circa all’anno. Il terzo problema è il fabbisogno aggiuntivo di energia elettrica destinata a sostituire il carbone nei processi di fusione». 
Problemi sulla cui soluzione il presidente di Federacciai ha esortato gli esponenti politici italiani ad intervenire prima che i Paesi più forti o con più Influenza vadano a penalizzare gli altri membri dell’Unione. 

Campioni del mondo 
«La risposta a queste sfide dovrebbe costituire l’ossatura di un Piano per la siderurgia italiana di cui più volte il ministro Urso ha parlato. Quale deve essere l’obiettivo di questo piano? Lo ripetiamo: fare diventare l’Italia e la sua siderurgia la prima al mondo che arriva alla produzione di acciaio green» ha continuato Gozzi. 
«Passare dall’essere campioni europei di decarbonizzazione a campioni mondiali significa spingere a fondo le politiche e le scelte che ci hanno consentito finora di produrre acciaio in maniera sostenibile... Bisogna però, allo stesso tempo, non perdere mai di vista la competitività delle nostre imprese perché solo in questo modo la transizione può essere non solo virtuosa ambientalmente ma anche sostenibile economicamente e socialmente». 
Il presidente di Federacciai ha indicato quindi tre assi fondamentali su cui lavorare 
«Il primo, contenimento del costo dell’energia e completamento dell’opera di decarbonizzazione delle imprese siderurgiche. I due temi come si vedrà sono fortemente legati. Il secondo, garanzie di approvvigionamento della materia prima con particolare riferime1nto al rottame e alle altre cariche metalliche con cui alimentare i nostri forni elettrici. E terzo, il reclutamento di professionalità e interventi sul capitale umano». 

Da Taranto a Terni
Prima delle conclusioni, nel tradizionale passaggio sui tre grandi poli industriali che necessitano rilancio, Gozzi non ha nascosto una punta di ottimismo sul fatto che Taranto possa tornare tra i protagonisti della siderurgia italiana. «I viaggi che negli ultimi mesi ho fatto a Taranto mi convincono che da quelle parti anche il clima politico e istituzionale è migliorato, perché si avverte la possibilità di aprire una nuova fase e una nuova era che è quella della decarbonizzazione e della produzione di acciaio green». «Se questo è vero, tutta l’attenzione deve essere concentrata sulla definizione e comunicazione di un piano industriale chiaro e della sua sostenibilità non solo ambientale ma anche economica, finanziaria e sociale». 
Su Piombino e sui dubbi che orbitano attorno al piano di rilancio, Gozzi ha detto apertamente: «Non accetteremo la realizzazione di forni elettrici, magari finanziati in parte dallo Stato, senza che venga chiarito come i forni verranno alimentati e dove si prenderanno le cariche metalliche per farlo».
Mentre su Terni ha rivolto un particolare ringraziamento ai vertici del gruppo Arvedi per «quello che hanno fatto a Terni in poco più di un anno con grande fatica e impegno ridando una prospettiva industriale seria e sostenibile a questo importantissimo impianto». 

Spazio ai giovani
Concludendo il discorso, Gozzi si è rivolto alle nuove generazioni, dopo aver riaffermato la volontà della siderurgia italiana di continuare a crescere tenendo fede agli impegni e alle sfide elencati.
«Mi permetto di consegnare a questi ragazzi pochi messaggi. Siate generosi con le vostre aziende! Proseguite nell’impegno e negli sforzi dei vostri nonni e dei vostri padri, non perdete mai la passione per la fabbrica, vivete accanto agli operai e cercate di capirne la fatica. Rendete le vostre aziende meccanismi sempre più efficienti e qualitativi non solo dal punto di vista dei risultati economici ma anche da quello dell’inclusione e della giustizia sociale. Questo grande sforzo di continuità di investimenti, di impegno e anche di sensibilità sociale ha riguardato tutti noi siderurgici italiani e ce ne facciamo vanto perché pensiamo anche su questo di essere campioni europei e forse mondiali… Ragazzi della siderurgia italiana, ricordatevi di essere sempre un po’ temerari ma anche razionali e, se possibile, fortunati».


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