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Materie prime siderurgiche: prezzi in calo

L’andamento nel 2022 e le aspettative 2023 dei principali analisti internazionali

Il 2022 è stato un anno particolare, dominato dalle anomalie scatenate dalla guerra mossa dalla Russia all’Ucraina. Dopo la forte volatilità dell’anno che si appresta a concludersi, il 2023 invece sarà contraddistinto da un generale sgonfiamento delle quotazioni delle materie prime siderurgiche, che dovrebbero tornare su livelli più vicini alla media storica.

Minerale ferroso – Un anno in tono minore, se confrontato con lo straordinario 2021. Il 2022 del minerale ferroso si può riassumere così: la materia prima, infatti, ha mostrato un andamento molto simile a quello dei prodotti finiti e parimenti simile a quello dell’anno precedente, ma muovendosi con oscillazioni nettamente inferiori. Guardando la curva dei prezzi del 2022, si può notare che le quotazioni a gennaio erano già sottoposte ad una pressione rialzista che durava dall’autunno 2021, con il prezzo che è partito da un minimo di 97 dollari la tonnellata a fine novembre dell’anno scorso sino ad arrivare ad un picco massimo di circa 155 dollari la tonnellata ad inizio aprile 2022, sulla spinta della crisi russo-ucraina. Da quel momento sino a fine novembre 2022, similmente a ciò che è avvenuto per i prodotti piani in acciaio al carbonio, è avvenuta una continua e costante diminuzione dei prezzi, che ha portato il minerale ad un livello inferiore ai 90 dollari la tonnellata, il valore più basso dal maggio 2020. A fine anno c’è stato un moderato rimbalzo, che ha portato le quotazioni attorno ai 100 dollari la tonnellata in chiusura d’anno. Il prezzo medio annuo, quindi, si è attestato attorno ai 110-115 dollari la tonnellata, un livello alto se si considera la media storica dell’ultimo decennio ma basso se paragonato ai circa 160 dollari la tonnellata del 2021. Per il prossimo anno gli analisti appaiono concordi sul destino dei prezzi medi del minerale ferroso, che saranno più bassi rispetto a quelli del 2022 (ed anche, ovviamente, del 2021). Nel 2023, secondo la pubblicazione «Resource and Energy Quarterly» diffusa dal governo australiano, le quotazioni della materia prima subiranno le pressioni ribassiste legate alla transizione verso una siderurgia sempre più verde, che porterà nel breve-medio periodo ad una riduzione della capacità produttiva che impiega la tecnologia dell’altoforno a favore di quella tramite forno elettrico. Ciò, quindi, condurrà ad un decremento delle quotazioni nel lungo periodo, a partire da un 2023 nel quale il prezzo medio del minerale sarà di 105 dollari la tonnellata per AZN Research, di 94 dollari la tonnellata per JP Morgan, di 91 dollari la tonnellata per il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano, di 90 dollari la tonnellata per ING e di 85 dollari la tonnellata per Fitch Ratings. Nel 2024 le prospettive sono per ulteriori cali, con il governo australiano che è più negativo (72 dollari la tonnellata) e ANZ Research che si dimostra, di contro, più ottimista (95 dollari la tonnellata).

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Carbon coke – Il 2022 è stato un anno contraddistinto da forte volatilità per il mercato del carbone metallurgico. Secondo quanto appreso da siderweb, infatti, a seguito della crisi energetica scatenata dall’invasione dell’Ucraina, si è registrato a livello mondiale un incremento della domanda di carbone (impiegato per sostituire le fonti energetiche russe sottoposte a dazi ed a divieti), con l’impiego in Europa, in alcuni casi, di carbone metallurgico per la produzione di energia elettrica. Ciò ha fatto salire i prezzi in maniera molto decisa, soprattutto nel primo semestre, prima di fronteggiare un deciso calo in seguito ad una normalizzazione dei mercati energetici e ad una riduzione della produzione di acciaio. Queste due tendenze sono destinate a proseguire anche nel 2023, con un ulteriore discesa delle quotazioni del carbon coke: da un livello medio annuo di circa 370 dollari la tonnellata nel 2022, infatti, si passerà l’anno prossimo a 263 dollari la tonnellata per il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano ed addirittura a 200 dollari la tonnellata per Fitch Ratings. Anche il 2024 sarà contraddistinto da un forte calo: per il governo australiano la diminuzione sarà di circa 43 dollari la tonnellata e per Fitch Ratings di 60 dollari la tonnellata.

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Nichel – Il nichel non fa eccezione al trend che ha coinvolto molte commodity nel 2022. La guerra mossa dalla Russia all’Ucraina ha avuto un effetto particolarmente violento sul prezzo del metallo che, anche per motivi contingenti legati ad alcune anomalie di mercato, a marzo ha toccato i propri massimi storici. I movimenti verso l’alto dei prezzi sono stati così repentini e con una magnitudo così elevata che la quotazione del nichel è stata sospesa per alcuni giorni al LME in attesa di un ritorno ad una situazione meno anomala. A partire da metà marzo, e fino a settembre, i prezzi del nichel invece sono scesi sino a toccare i minimi a luglio a poco meno di 20mila dollari la tonnellata, per poi risalire fino a sfiorare i 30mila dollari la tonnellata a fine anno. Cosa attendersi, quindi, per il futuro? Secondo le previsioni degli analisti del governo australiano, nel medio periodo la domanda mondiale di nichel dovrebbe subire un incremento a causa del contributo dell’industria dell’automotive. In particolare, nel 2023 la richiesta di nichel dovrebbe crescere del 5,3% rispetto al 2022 e nel 2024 del 4,2% rispetto all’anno precedente. Ciononostante, dal punto di vista dei prezzi le attese non sono positive. Nel «Resource and Energy Quarterly», infatti, si legge: «Ci sono molte ragioni che spingono a pensare che le quotazioni del nichel scenderanno ancora, a partire dal significativo rischio di “hard landing” per l’economia mondiale. Di contro, invece, alcuni fattori potrebbero supportare i prezzi, come le possibili sanzioni all’export di nichel russo, la relativa illiquidità del mercato del LME ed il costo dell’energia, ancora elevato». Per questi motivi, «nel breve periodo le previsioni sono invariate, mentre per fine 2023 e per il 2024 i prezzi sono stati rivisti al ribasso, anche a causa dell’incremento dell’offerta da parte dei fornitori indonesiani». Mentre nel 2022 il prezzo medio annuo del nichel si è attestato attorno ai 25.000 dollari la tonnellata, l’anno prossimo per il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano (21.250 dollari la tonnellata), ING (21.000 dollari la tonnellata) e Wood Mackenzie (21-22.000 dollari la tonnellata) si aspettano valori molto simili, mentre Fitch Ratings (20.000) e StoneX (19-22.000) indicano un valore più basso. Controcorrente solo Glencore (26.367 dollari la tonnellata). Per il 2024 e 2025 le prospettive sono per ulteriori riduzioni delle quotazioni.

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Alluminio, rame e zinco – I metalli industriali non si sottraggono al trend generale delle commodity, con i prezzi che l’anno prossimo si ridurranno rispetto al livello del 2022. Partendo dallo zinco, mentre nel 2022 il prezzo medio si è attestato a quota 3.400 dollari la tonnellata, nei prossimi anni è prevista una riduzione delle quotazioni. Lo zinco, infatti, segue da vicino l’andamento del ciclo della produzione industriale a livello mondiale e, dato che le prospettive macroeconomiche e dell’industria per il 2023 ed il 2024 non sono particolarmente brillanti, ciò ovviamente si ripercuoterà sulle quotazioni del metallo. A ciò si sommerà un incremento dell’offerta mineraria, che porterà l’anno prossimo il prezzo medio a quota 3.231 dollari la tonnellata per il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano, a 3.058 dollari la tonnellata per Glencore ed a 2.800 dollari la tonnellata per Fitch Ratings. Nel 2024 e 2025 sono attesi ulteriori cali: per Fitch si scenderà a 2.500 e 2.200 dollari la tonnellata, mentre il per il governo australiano tra due anni si arriverà a 2.966 dollari la tonnellata. Per quel che riguarda il rame, il prezzo, che a marzo del 2022 ha raggiunto il proprio picco storico, a giugno ha subito una decisa diminuzione a causa della contrazione della domanda dovuta alle misure di contenimento della pandemia da Covid-19 in Cina, alla crisi del settore immobiliare del Paese asiatico, al rafforzamento del dollaro e all’alto costo dell’energia in Europa. Il valore medio annuo è di circa 8.700 dollari la tonnellata. Guardando al futuro, le attese sono per un modesto surplus di offerta nel mercato sia nel 2023 sia nel 2024, surplus che porterà ad una pressione ribassista sulle quotazioni del metallo. Questa visione è piuttosto condivisa tra gli analisti, con il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano (8.453 dollari la tonnellata) e Fitch Ratings (8.000 dollari la tonnellata) che si sono dimostrati più ottimisti di Glencore (7.870 dollari la tonnellata), ING (7.750 dollari la tonnellata) e Focus Economics (7.660 dollari la tonnellata), mentre Goldman Sachs è l’unica società che si è dimostrata ottimista per l’anno prossimo, attendendosi un incremento dal valore del metallo (9.750 dollari la tonnellata). Infine, per l’alluminio il 2022 è stato un anno contraddistinto da una riduzione dei consumi, sia in Cina (soprattutto nel primo semestre) sia in Europa. Dal punto di vista dei prezzi, si è registrato un calo rispetto all’anno precedente, mentre gli stock al LME in luglio hanno raggiunto il livello più basso degli ultimi 39 anni. L’anno prossimo, secondo le previsioni consultate da siderweb, il trend discendente delle quotazioni non dovrebbe interrompersi: dai 2.700 dollari la tonnellata del 2022 si scenderà a 2.560 dollari la tonnellata per il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano, a 2.500 dollari la tonnellata per Fitch Ratings, a 2.290 dollari la tonnellata per ING e tra i 2.150 ed i 2.500 dollari la tonnellata per Westpac Market. Nel 2024 i prezzi dovrebbero rimanere sostanzialmente stabili.

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