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2022 l’anno delle tendenze contrapposte per i prezzi siderurgici

Dopo un primo trimestre in forte rialzo i mercati ripiegano in cerca di un nuovo equilibrio

Dal secondo trimestre del 2022 le dinamiche dei prezzi quotati sui mercati delle materie prime confermano la frenata degli scambi internazionali segnalati anche da un significativo parametro: il Purchasing Managers Index manifatturiero globale, che sintetizza le prospettive dei livelli di attività industriale in funzione delle dichiarazioni di acquisto da parte delle imprese. La serie dei dati mensili più recente esprime infatti chiari segnali di rallentamento per tutte le principali economie, evidenziando la contrazione dei nuovi ordini dall'estero ricevuti dalle imprese di tutto il mondo. Più in particolare nei dati dell’indicatore riferiti alla seconda parte dell’anno si coglie l’attenuazione del ritmo di crescita degli ordinativi riguardanti i beni basilari e intermedi riguardanti, tra le altre, le filiere dei minerali e dei metalli.

Le ragioni dei rialzi post pandemia

Per spiegare il fenomeno consideriamo quanto accaduto alle economie di tutto il mondo per buona parte del 2020, per l’intero 2021 e nel primo trimestre di quest’anno: periodo in cui si è accumulata una quantità straordinaria di scorte a magazzino sull’onda del rapido recupero dei livelli di produzione industriale mondiale susseguente alla prima ondata pandemica. In questa fase storica si sono concentrati tutti i fattori che hanno favorito l’incremento delle scorte nei magazzini a monte e a valle delle imprese, innescando l’aumento della domanda di materie prime e il loro continuo rincaro. La principale spinta all’accumulo di scorte è stata la diffusa attesa di una prorompente crescita planetaria sostenuta anche dagli interventi governativi e dalle manovre espansive delle banche centrali. Tali aspettative si sono ripercosse sul livello dei prezzi dei materiali di base, che si sono mantenuti al rialzo come diretta conseguenza delle prassi aziendali volte ad anticipare gli aumenti, ma che di fatto contribuivano ad alimentarli. A queste ricadute si è aggiunto l’inedito allungamento dei tempi di consegna legato alle difficoltà della logistica internazionale e locale, che ha indotto le aziende di tutto il mondo ad aumentare i volumi degli acquisti di materie prime e semilavorati al fine di garantire la disponibilità degli input di produzione nel timore di non poter far fronte alla persistente pressione della domanda.

I primi segnali di debolezza

Nel primo trimestre di quest’anno ha iniziato a prendere corpo il cambiamento delle strategie di approvvigionamento delle imprese come diretta conseguenza del progressivo esaurimento dei fattori che avevano favorito il precedente accumulo di scorte: oltre alle attese meno ottimistiche riguardo alla domanda, hanno pesato le apprensioni legate allo scoppio del conflitto russo-ucraino, le ricadute della politica Zero-Covid in Cina e infine gli effetti delle politiche restrittive delle banche centrali intraprese per contenere le fiammate inflattive con il conseguente irrigidimento delle politiche di credito da parte delle banche ordinarie. I prezzi di molte materie prime hanno così iniziato a ripiegare sia sui mercati finanziari che su quelli reali. Anche l’ultimo fattore in grado di giustificare livelli elevati di scorte, ovvero i ritardi nelle consegne conseguenti allo sfilacciamento delle catene di fornitura, si è andato rapidamente ridimensionando: lo dimostra il tracollo dei costi di nolo marittimo per il trasporto di container dalla Cina verso l’Europa e il resto del mondo nel 2022: -80,6% sulla rotta Cina-USA (Los Angeles), -85,6% sulla rotta Cina-Europa (Rotterdam), -75,8% sulla rotta Cina-Italia (Genova).

La crisi energetica e l’inflazione

Gli aumenti dei prezzi delle commodity e dei costi energetici cumulatisi nel corso degli ultimi due anni hanno concorso, unitamente all’abnorme massa di liquidità immessa contestualmente nei sistemi finanziari dalle banche centrali per sostenere le economie, all’esplosione dell’inflazione: peraltro, mentre negli Stati Uniti l’aumento dei prezzi alla produzione e al consumo è sollecitato soprattutto dalla domanda interna, tendenzialmente controllabile con la manovra monetaria restrittiva appunto adottata dalla Federal Reserve, in Europa l’inflazione è stata provocata e continua ad essere alimentata dalla crisi energetica che, dovendo far fronte ad una domanda strutturalmente anelastica, appare difficilmente contenibile attraverso il rialzo dei tassi d’interesse promosso dalla Bce.

L’altissima volatilità dei prezzi del gas iniziata nel secondo semestre 2021 è destinata a persistere con rincari repentini ed altrettanto drammatici ripiegamenti, che mantengono i costi medi su livelli superiori al corridoio consolidatosi fino al 2020 grazie ai flussi a buon mercato provenienti dalla Russia. Con lo scoppio della crisi geopolitica est-europea, da quasi un anno l’altissima volatilità dei costi energetici europei rappresenta l’effetto dell’incertezza che agita le aspettative degli operatori sul mercato olandese di riferimento - il Title Transfer Facility (TTF) - dove produttori, trasportatori, società di stoccaggio, distributori e acquirenti commerciano forniture di gas, influenzando l’intero mercato energetico europeo.

L’andamento dei prezzi siderurgici

Tenuto conto delle dinamiche che hanno caratterizzato i mercati delle materie prime nel corso di quest’anno, vediamone le relazioni con i mercati siderurgici e metallurgici. Nel primo contesto distinguiamo le produzioni d’acciaio a ciclo integrale e quelle da forno elettrico. In entrambi i casi i prezzi registrati nei mercati degli acciai sono da sempre barometri molto attendibili dell’andamento delle economie, dipendendo essi da taluni aspetti fondamentali come lo stato dell’economia cinese e le quotazioni dell’input, cioè, rispettivamente, il minerale di ferro e il rottame ferroso. Dato che la Cina rappresenta il più grande produttore/esportatore di acciaio, la politica Zero-Covid adottata dalle autorità di Pechino ha rallentato la crescita del gigante asiatico, orientando le acciaierie cinesi, a fronte del calo della domanda interna, a esportare semilavorati e prodotti finiti d’acciaio a prezzi decrescenti: un fenomeno che, assommandosi all’accumulo di scorte sviluppatosi tra il 2021 e il primo trimestre 2022 a livello mondiale, ha acuito la depressione dei mercati siderurgici.

Si consideri al riguardo la tabella 1, che evidenzia come le performance dei prezzi riferiti agli ingredienti e agli output basilari della produzione d’acciaio a ciclo integrale rispecchino lo schema temporale sopra delineato: rialzo nei primi mesi dell’anno, caduta nel periodo successivo (figura 1). Nel caso del minerale di ferro i prezzi sono addirittura scesi fino a sfiorare i livelli di costo dei produttori meno efficienti, provocando tagli dell’offerta che potrebbero favorire un futuro riequilibrio del mercato. Non a caso mentre scriviamo si assiste alla ripresa delle quotazioni innescata dal mercato cinese. Analizzando i dati della tabella, si segnalano le performance del carbone metallurgico che, unitamente a quelle del minerale di ferro, hanno contribuito dapprima al forte rialzo del valore teorico di carica d’altoforno (+67%) e successivamente al suo ampio ripiegamento (-55,5%). Del tutto coerenti sono gli esiti periodali e finali dei coils a caldo prodotti nel mondo, che proprio nel mese di dicembre, sull’onda degli aumenti che hanno investito gli elementi fondamentali alla base del ciclo integrale, mostrano segnali di recupero.

 

TABELLA 1 - Ciclo integrale dell’acciaio (prezzi in US$/tonnellata)

ELEMENTI BASILARI E SEMILAVORATI

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

Minerale di ferro

-27%

+34,5%

-30,5%

-7%

Carbone metallurgico

+229%

+108,5%

-63,5%

-24,5%

Ghisa (Black Sea)

+0,5%

+68,5%

-55%

-24,5%

Coils a caldo (Shanghai)

+11,5%

+16%

-36,5%

-26%

Coils a caldo (Black Sea)

+8%

+49%

-53%

-30%

Coils a caldo (Houston)

+33%

+13%

-53%

-47%

 

Andamenti dei prezzi analoghi riguardano anche i prodotti piani nazionali posti a confronto con l’esito registrato dai coils a caldo extra-Ue importati in Europa (tabella 2): come si può osservare gli aumenti del primo quarto dell’anno sono altamente concordanti, come dimostrano le evoluzioni rappresentate nella figura 2. Sebbene in stretta concomitanza evolutiva, in quest’ambito spicca la performance consolidata dal mercato delle lamiere da treno, i cui prezzi hanno pesantemente risentito dello scoppio della crisi bellica nel mese di febbraio. Essendo l’Ucraina uno dei maggiori esportatori europei del semilavorato, i timori di possibili difficoltà negli approvvigionamenti hanno generato quella potente spinta rialzista che ha condotto le quotazioni delle lamiere da treno a superare i valori di tutti gli altri prodotti piani.

 

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Figura 1 - Ciclo integrale dell’acciaio: dinamiche fondamentali

 

TABELLA 2 - Prodotti piani (prezzi in Euro/tonnellata)

SEMILAVORATI E PRODOTTI

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

Coils a caldo extra-Ue

+31%

+45,5%

-51%

-28,5%

Coils a caldo nazionali

+41%

+47,5%

-51,5%

-28,5%

Lamiere nere

+56,5%

+46,5%

-55%

-34,2%

Lamiere zincate

+66,5%

+34%

-51%

-34,5%

Lamiere da treno

+39%

+112%

-53,7%

-1,7%

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Figura 2 - Dinamiche dei prezzi dei prodotti piani nazionali (fonte Siderweb)

Le produzioni da forno elettrico

Passando all’elettrosiderurgia, la tabella 3 comprende i dati relativi agli aumenti e alle contrazioni dei prezzi dei rottami ferrosi nel 2022. Anche in questo caso, come evidenzia la figura 3, l’annata è suddivisa in due precisi momenti: il primo connotato dai forti aumenti generalizzati, il secondo segnato dai ridimensionamenti conseguenti alla progressiva contrazione della domanda dovuta alle cause già rammentate.

 

TABELLA 3 - Rottame ferroso (prezzi in Euro/tonnellata)

TIPOLOGIA

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

80:20 Turchia

+5%

+46%

-39%

-11%

Demolizioni

+53,5%

+26%

-34,5%

-18%

Frantumato

+62%

+23%

-36%

-21%

Lamierino

+71%

+14%

-36%

-27,5%

Torniture

+52%

+29,5%

-38,5%

-20,5%

Media nazionale

+60%

+22%

-36%

-22%

 

Visti i risultati dei prezzi dei rottami ferrosi, la tabella 4 completa il quadro con le performance riferite ai principali prodotti lunghi, che rappresentano le tipiche produzioni da forno elettrico (figura 4). Si osservi come le correzioni dei prezzi siano di entità più contenuta rispetto a quelle registrate dai prodotti piani: un effetto da attribuire alla naturale destinazione di questi prodotti, le infrastrutture e l’edilizia, che nel nostro Paese hanno sostenuto i mercati nella fase di generalizzata flessione.

 

TABELLA 4 - Prodotti lunghi (prezzi in Euro/tonnellata)

PRODOTTI

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

Tondo per cemento armato

+42,5%

+50,5%

-32,2%

+2%

Vergella da rete

+43%

+44%

-40%

-13,8%

Vergella da trafila

+44%

+48,5%

-41,2%

-12,7%

Laminati mercantili

+54%

+39%

-21,4%

+9,2%

Travi

+67%

+50%

-28%

+7,8%

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Figura 3 – Rottami ferrosi: dinamiche internazionali e nazionali a confronto

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Figura 4 - Dinamiche dei prezzi dei prodotti lunghi nazionali (fonte Siderweb)

 

I metalli non ferrosi

Per comprendere come il 2022 dei prezzi delle materie prime sia stato un anno fortemente caratterizzato da andamenti antitetici molto ben definiti temporalmente, si consideri la figura 5, che illustra l’andamento della media generale dei metalli non ferrosi (riferito alla scala dell’ordinata destra) - Alluminio, Rame, Nickel, Zinco, Stagno, Piombo - negoziati al London Metal Exchange, le cui performance sono riassunte nella tabella 5.

Oltre all’andamento della media dei prezzi dei metalli non ferrosi, la figura riporta anche la situazione complessiva delle scorte dei metalli detenute nei magazzini ufficiali del mercato londinese (stock riferito alla scala dell’ordinata sinistra). Il drastico ridimensionamento degli stoccaggi (-50,6% medio nel 2022) non può che determinare tensioni presenti e future sui prezzi: dopo il rialzo del primo trimestre (+43,4%) e la successiva caduta generale (-51%), infatti, da fine ottobre prende corpo la reazione corrente (+26,4%), che sta interessando tutti i metalli e che appare destinata a persistere sostenuta anche dal contestuale indebolimento del dollaro, moneta di denominazione delle negoziazioni.

 

 

TABELLA 5 - Metalli non ferrosi (prezzi in US$/tonnellata)

METALLI

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

Rame

+24%

+7%

-18,5%

-13%

Alluminio

+42%

+28,5%

-32%

-12,5%

Nickel

+23%

+127%

-37,5%

+41,5%

Zinco

+31%

+25,5%

-29%

-11,5%

Stagno

+94%

+16,5%

-47%

-38%

Piombo

+18,5%

+5%

-9,5%

-5%

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Figura 5 – Andamento della media generale dei prezzi dei metalli quotati al London Metal Exchange

 

Tra i metalli industriali basilari il caso del rame è emblematico, essendo questo metallo un attendibile barometro dell’andamento economico complessivo. I campi di utilizzo del rame sono infatti molteplici: estremamente versatile, il metallo rosso non è richiesto solo dall’industria, ma anche dalla tecnologia, dall’edilizia e dal settore energetico. Se la domanda di rame è debole significa che l’economia mondiale attraversa una fase depressa, ma se le attività industriali riprendono con decisione, il rame si orienta presto al rialzo, trainando nello stesso senso anche gli altri metalli. Questa è l’evoluzione attesa dei non ferrosi in concomitanza della ripresa dell’economia cinese che, in graduale uscita dal periodo di lockdown e a seguito dei recenti accordi stabiliti con le banche per sostenere il settore immobiliare, sta già innescando generalizzate reazioni: oltre al rame, spicca quella del nickel quotato al London Metal Exchange e allo Shanghai Futures Exchange.

 

Acciai inossidabili

Completiamo il quadro con la tabella 6, che comprende taluni elementi necessari alla produzione degli acciai inossidabili e di altri acciai speciali. Anche in questo contesto si osservano performance coerenti con gli schemi evolutivi già osservati: esiti che si riflettono sulle quotazioni delle principali produzioni inox elencate nella tabella 7 e illustrate nella figura 6. Con riguardo al nostro Paese, il complesso dei prezzi inox nel 2021 e nella prima parte del 2022 è stato orientato dal forte incremento della domanda di laminati necessari alla lavorazione di posateria, pentolame e vasellame metallico. Una fase rialzista peraltro accompagnata dal contestuale aumento del cromo, del molibdeno e del nickel, che concorrono alla realizzazione delle più importanti tipologie inox codificate dalla American Iron and Steel Institute (AISI). La caduta della domanda dei laminati inox dopo il primo trimestre è evidente: le curve di prezzo si volgono infatti al deciso ribasso per l’intero trimestre successivo, quando prendono corpo le derive laterali, che lasciano presagire l’esaurimento dei trend declinanti.

 

TABELLA 6 - Metalli per leghe metalliche (prezzi in US$/tonnellata)

METALLI

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

Cromo

+90,5%

+67%

-44%

-6%

Molibdeno

+105%

+4,5%

+25,5%

+31%

Cobalto

+115%

+19%

-41%

-20%

Vanadio

+62%

+40%

-33,5%

-7%

 

 

TABELLA 7 - Produzioni inox (prezzi in €uro/tonnellata)

CATEGORIE AISI

ESITO 2021

1° TRIMESTRE 2022

APRILE-DICEMBRE 2022

ESITO 2022 (al 10/12)

Rottame 304

+61,5%

+36%

-43%

-22%

Lamiera a freddo 304

+98,5%

+30%

-44%

-26,5%

Rotolo a caldo 304

+95%

+27,5%

-43%

-27,5%

Lamiera a freddo 316

+81%

+33%

-38,5%

-18%

Lamiera a freddo 430

+114%

+10%

-30%

-23%

 

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Figura 6 - Dinamiche dei prezzi delle produzioni inox (fonte Siderweb)

 

In conclusione

Volendo tracciare uno scenario alla luce di quanto accaduto nel 2022, occorre innanzitutto considerare che quella che doveva realizzarsi in una guerra lampo si è trasformata in un conflitto di logoramento dagli esiti imprevedibili. La crisi energetica innescata dai preliminari e dalle susseguenti attività belliche ha contribuito ad infiammare l’inflazione, già in salita a causa dei precedenti aumenti delle materie prime, che ha raggiunto rapidamente livelli inaspettati e allarmanti: un fenomeno che ha convinto le banche centrali a contenerne le dimensioni e gli effetti attraverso l’aumento dei tassi d’interesse. Ancorché la Cina stia allentando il rigore della sua politica Zero-covid e l’Unione Europea tenti di arginare gli effetti negativi dei costi energetici, l’incertezza resta elevata e il rischio di recessione incombente. Ciononostante, i rialzi in chiusura d’anno dei mercati delle materie prime e dei semilavorati siderurgici e metallurgici segnalano quantomeno l’esaurimento della fase depressiva dei prezzi, prefigurando il graduale avvio di un generalizzato consolidamento delle quotazioni nel primo semestre del 2023 a cui seguirà un più consistente recupero nella seconda parte del prossimo anno in accompagnamento alla probabile lenta ripresa mondiale.

L’ARTICOLO FA PARTE DELLO “SPECIALE 2022” DI SIDERWEB, CLICCA SU QUESTO LINK PER SCARICARLO NELLA VERSIONE INTEGRALE

 


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