13 luglio 2021 Translated by Deepl
Si è concentrato sull’impatto attuale e futuro che avranno sul commercio internazionale le nuove norme europee l’intervento di Davide Lorenzini, direttore responsabile di siderweb, nel corso del webinar “Commercio internazionale di acciaio: quali prospettive?”. Un intervento che è partito dai macro trend mondiali, per poi entrare nello specifico del mercato europeo e italiano.
I macro trend internazionali
Tre le tendenze mondiali indicate da Lorenzini sulla base dei dati elaborati dall’Ufficio Studi siderweb.
«I numeri relativi al commercio siderurgico mondiale dal 1975 al 2020 – ha spiegato – mostrano un trend comune di forte aumento, confermato dalla crescita dai 115 milioni di tonnellate scambiati nel primo anno rilevato ai 400 milioni nel 2020. In questa netta risalita però i movimenti da considerare sono tre. Il primo è relativo all’intervallo 1975-2007/2008, caratterizzato da un forte aumento dei volumi sino a quota 440 milioni di tonnellate annue. A fronte della grande crisi, dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel 2009 vi è un crollo dei volumi scambiati a 330 milioni di tonnellate. Un ribasso che però fa da trampolino di lancio a una nuova risalita nel periodo 2010-2016, in cui vi è una nuova fase espansiva fino al record di 477 milioni di tonnellate nel 2016»
Nell’ultimo quadriennio analizzato «vi è poi un nuovo trend leggermente declinante, anche se viene esclusa la repentina discesa del 2020, legata in gran parte agli effetti della pandemia, ma su cui di certo ha avuto il suo impatto anche il neo protezionismo lanciato nel 2018 dagli USA di Donald Trump con la Section 232 e le varie risposte internazionali, come ad esempio la Salvaguardia Ue».
Passando a uno dei grandi temi in dibattito in questi mesi, vale a dire l’export di rottame, la slide proiettata dal direttore di siderweb ha mostrato nel periodo 2004-2019 una sostanziale stabilità di quantità scambiate, «tra i 92 e i 105 milioni di tonnellate. Guardando i dati del commercio di rottame per aree si confermano i macro trend degli ultimi anni, con Ue e USA esportatori netti, la Cina sostanzialmente neutrale e la Turchia importatore netto», ha rimarcato Lorenzini.
Europa: normative e impatto
Primo aspetto da analizzare guardando all’Europa è stato il nuovo regolamento di Salvaguardia, prorogato il 1° luglio 2021 per altri tre anni. Un regolamento che ha confermato la versione precedente, di cui l’Ufficio Studi siderweb ha valutato gli effetti nei tre anni in cui è stato in vigore.
«La Salvaguardia, nella sua versione definitiva - ha ricordato Lorenzini –, è entrata in vigore nel febbraio 2019, dopo che il 2018 è stato l’anno con maggiori importazioni extra Ue nell’Unione dal 2010: sono state importate 32,5 milioni di tonnellate. Con la Salvaguardia in vigore, nel 2019, il totale degli arrivi è sceso a 24,3 milioni di tonnellate con una riduzione del 25%; a cui nel 2020 ha fatto seguito un’ulteriore calo del 4% fermando la bilancia a 23,3 milioni di tonnellate».
I dati relativi ai primi 5 mesi del 2021 raccontano invece una storia diversa: «Tra gennaio e maggio dell’anno in corso – ha proseguito il direttore di siderweb – le importazioni di prodotti sottoposti a Salvaguardia sono cresciute del 39% rispetto al 2020. Se questo potrebbe apparire per certi versi “normale”, visto che il 2020 è stato un anno penalizzante dal punto di vista del commercio internazionale, appare curioso vedere che ci sia un incremento, nell’ordine del 10,9%, anche rispetto al 2019, quando i volumi sono stati inferiori di circa 1,3 milioni di tonnellate».
Se la Salvaguardia almeno offre alcuni punti fissi, dal momento che è già stata pubblicata sulla Gazzetta dell’Ue, le valutazioni relative al Cbam sono al momento totalmente provvisorie, dal momento che solo domani è prevista la presentazione ai Paesi membri dell’Unione. «Come siderweb – ha aggiunto Lorenzini – abbiamo anche provato a calcolare l’ammontare delle importazioni europee di acciaio che potrebbero essere colpite dal Cbam. Il risultato è notevole, si tratta di un valore che oscilla tra i 27 e i 37 milioni di tonnellate. In particolare, appare problematica la situazione sui semilavorati con 9 milioni di tonnellate di materiale soggette a tariffa, e dei piani, il cui import ammonta a circa il 20% della produzione europea, quindi copre una quota difficilmente sostituibile internamente a breve termine».
Quale impatto sull’Italia?
Provando a rapportare quanto analizzato in un confronto con i dati italiani, emerge che nel corso degli ultimi 30 anni c’è un trend di fondo che vede l’Italia sempre più attiva dal punto di vista del commercio internazionale di acciaio, con le importazioni che si sono attestate negli ultimi 5 anni attorno ai 20 milioni di tonnellate, e le esportazioni che sono arrivate a circa 17-18 milioni di tonnellate.
«In generale – ha ribadito Lorenzini – rimaniamo un Paese importatore netto, senza prospettive a breve di cambiare questo trend. Se poi mettiamo in relazione le importazioni e le esportazioni italiane con la produzione, l’Italia fa registrare numeri notevolmente superiori alla media mondiale, toccando nel 2019 una quota di import su produzione dell’89%, con l’export a quota 77%. L’Italia è quindi molto dipendente dall’estero, sia come fonte di materiale sia come mercato di sbocco. Una situazione particolarmente delicata visto l’impatto del Cbam».
Il rischio italiano rispetto alla media Ue è significativamente più elevato. «Circa 9 milioni di tonnellate del nostro import medio saranno soggetti a Cbam, di cui 4 milioni di tonnellate di semilavorati che noi importiamo, trasformiamo ed esportiamo, così come per i piani. In pratica, il Cbam potrebbe far schizzare in alto i nostri costi di approvvigionamento, andando a incidere in maniera significativa sia sulle marginalità se importiamo nell’Unione, sia sulla competitività se vogliamo spedire nei Paesi terzi». Una condizione che rende l’Italia molto più fragile di altri competitor continentali per mancanza di materia prima intera.
Sul fronte rottame, ha concluso il direttore di siderweb, «l’Italia resta un importatore stabile con 5 milioni di tonnellate. A innescare possibili cambiamenti potrebbero essere però eventuali nuovi attori sia sul fonte interno che estero, che potrebbero ridurre la disponibilità, inducendo a dover trovare fonti alternative a quelle tradizionali».
29 novembre 2024
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