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Materie prime siderurgiche: minor tensione per il minerale nel 2021

Il quadro delle attese proposte dagli analisti resta ancora molto variabile a causa della pandemia

Minerale ferroso, carbon coke, nickel, alluminio, rame e zinco. Quali sono le prospettive per il 2021 per queste materie prime, fondamentali per l’acciaio? Quali le attese per gli anni successivi? Per rispondere a queste domande siderweb ha consultato i documenti elaborati da analisti, istituzioni finanziarie ed istituzioni politiche, dai quali emerge un quadro multiforme.

Minerale ferroso – Un anno di record. Il 2020, nonostante la pandemia e la contrazione della produzione di acciaio a livello globale, è stato testimone di un forte incremento del prezzo del minerale ferroso, salito a livelli che non si vedevano da oltre un decennio. Un anno, peraltro, che ha seguito un 2019 positivo, che era stato definito, all’epoca, «bonus year» per le imprese attive nell’estrazione del minerale ferroso a livello mondiale. Per il 2021, però, le attese appaiono meno ottimistiche. Tutti gli enti di cui si sono raccolte le previsioni, infatti, si attendono che le quotazioni medie annue del minerale si posizionino su un livello nettamente inferiore a quello odierno (oltre i 120 dollari la tonnellata) e, tra questi, tre credono che le quotazioni medie annue saranno inferiori ai 100 dollari la tonnellata. Il meno ottimista in merito alla tenuta dei prezzi è il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano, che ha sottolineato come la crescita delle quotazioni nel 2020 sia avvenuta a causa della riduzione dell’offerta brasiliana a cui si è sommata una decisa crescita della domanda cinese, con la prima che dovrebbe parzialmente rientrare nel 2021 con un immediato effetto sui prezzi. Per la branca del governo australiano, quindi, le quotazioni raggiungeranno un «plateau», con una riduzione di qualche punto percentuale rispetto al 2020 ed un prezzo medio annuo di 84 dollari la tonnellata. Leggermente più ottimisti Morgan Stanley (88 dollari la tonnellata nel primo semestre) e Citigroup (90 dollari la tonnellata). Attorno ai 100 dollari la tonnellata, invece, si posizionano le previsioni di Fitch (100 dollari la tonnellata), NAB (103 dollari la tonnellata), della Banca Mondiale (104 dollari la tonnellata), di ING (104 dollari la tonnellata) e di Jeffries International (110 dollari la tonnellata). Per gli anni successivi le prospettive sono per ulteriori ribassi delle quotazioni: nel 2022 il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano si aspetta prezzi di 73 dollari la tonnellata, Citigroup 75-80 dollari la tonnellata e Fitch 90 dollari la tonnellata.

Carbon coke – Il 2020 è stato un anno di sofferenza per i prezzi del carbon coke. Nella prima parte dell’anno, infatti, le quotazioni sono scese in modo molto marcato, arrivando ai minimi in settembre e scendendo per la prima volta sotto il prezzo del minerale ferroso. La principale motivazione di questi cali è legata alla riduzione della domanda di coke, in particolare da parte dell’India, dell’Asia nord orientale e dell’Europa. Le quotazioni medie annue del 2020 dovrebbero attestarsi attorno ai 129 dollari la tonnellata, con una netta riduzione rispetto ai 179 dollari la tonnellata del 2019. Per il prossimo anno le attese non sono delle migliori: secondo il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano «il recupero della domanda di carbon coke a livello mondiale sarà lento e irregolare, il che manterrà i prezzi a bassi livelli a lungo, nonostante una serie di tagli produttivi programmati». Per questo motivo, le quotazioni dovrebbero attestarsi a 130 dollari la tonnellata nel 2021 ed a 139 dollari la tonnellata nel 2022. Sulla stessa lunghezza d’onda NAB, per il quale i prezzi l’anno prossimo saranno pari a 136 dollari la tonnellata.

Nickel – Nel 2020 il prezzo del nickel ha avuto due distinti andamenti. Nei primi tre mesi dell’anno le quotazioni hanno subito una decisa flessione, toccando i minimi a marzo attorno agli 11mila dollari la tonnellata, prima di iniziare una forte fase di recupero che nono si è ancora interrotta e che ha portato i prezzi sui massimi degli ultimi 11 mesi. La ripresa è stata favorita dalla crescita del consumo cinese, dagli stimoli economici varati dai vari governi globali e dalle preoccupazioni legate a possibili carenze di materiale, che però nei mesi successivi sono state smentite dai fatti (gli stock, infatti, sono rimasti al di sopra dei livelli del 2019). Secondo il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano «il recupero del PIL mondiale, unito alla crescita della domanda di acciaio inossidabile e ad alcune limitazioni dell’offerta porteranno ad un rincaro del prezzo mondiale del nickel», che salirà a 14.526 dollari la tonnellata nel 2021 ed a 15.259 dollari la tonnellata l’anno successivo. Per le altre due banche che hanno rilasciato la loro previsione per i prossimi anni, ovvero la Banca Mondiale e la Bank of America, invece, le prospettive del metallo appaiono meno brillanti, con il prezzo medio annuo che si attesterà per la prima a 13.704 dollari la tonnellata ed per la seconda a 13.722 dollari la tonnellata. Per l’anno successivo, invece, le prospettive appaiono diverse, con la Bank of America che si aspetta che le quotazioni salgano ad un livello superiore a quello indicato anche dal governo australiano, a 17.250 dollari la tonnellata, mentre la Banca Mondiale crede che il livello del 2021 sarà mantenuto negli anni successivi. Per il 2022, infatti, la Banca Mondiale pensa che i prezzi saranno di 13.900 dollari la tonnellata, per il 2023 a 14.072 dollari la tonnellata e per il 2024 a 14.240 dollari la tonnellata.

Alluminio, rame e zinco – Tra lo stabile ed il rialzo. Queste le prospettive per gli ultimi tre metalli analizzati, ovvero zinco, rame e alluminio. Per quanto concerne lo zinco, il 2020 è stato caratterizzato da una decrescita delle quotazioni nella prima metà dell’anno, mentre dal terzo trimestre in poi l’interruzione delle forniture, specialmente dal Sud America, ha portato ad un recupero delle quotazioni, che sono tornate sui livelli della primavera 2019. All’incremento dei prezzi, inoltre, ha contribuito anche la forte domanda cinese. Per il 2021 le prospettive degli enti consultati sono molto diverse l’una dall’altra: il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano si attende una riduzione dei prezzi medi annui, che dovrebbero calare da 2.231 dollari la tonnellata del 2020 a 2.109 dollari la tonnellata, per poi scendere ulteriormente nel 2.026 dollari la tonnellata nel 2022. La Banca Mondiale, invece, si attende una certa stabilità, con quotazioni a 2.287 dollari la tonnellata nel 2021 e pochi movimenti negli anni successivi. Decisamente più rialzisti la Bank of America (2.588 dollari la tonnellata) e il NAB (2.625 dollari la tonnellata). Per quel che riguarda il rame, il prezzo ha subito il destino di molti altri metalli: il primo lockdown ha depresso le quotazioni, che hanno raggiunto i minimi a marzo 2020, per poi riprendere quota grazie agli stimoli fiscali messi in campo da molti governi globali e riportando i prezzi sui massimi degli ultimi 18 mesi. Per il 2021 e 2022, invece, le previsioni sono per un incremento del consumo di rame nel mondo, che porterà ad un aumento delle quotazioni: per la Banca Mondiale si salirà da 6.070 dollari la tonnellata del 2020 a 6.264 dollari la tonnellata, per il Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano a 6.508 dollari la tonnellata, mentre per NAB, ING e Bank of America si salirà al di sopra dei 7.300 dollari la tonnellata. Infine, per l’alluminio le prospettive si dividono tra chi si aspetta che le quotazioni rimarranno vicino al livello del 2020 (Department of Industry, Innovation and Science del governo australiano e NAB) e chi, invece, si attende incrementi. I più ottimisti sono gli analisti di ING con una previsione di 2.010 dollari la tonnellata nel 2021.

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