8 aprile 2020
Garantire la sicurezza ai dipendenti. Lavorare sull’efficienza e sulla minimizzazione dei costi, evitare il rischio egoismi sia sul fronte nazionale che internazionale. Sono questi tre degli elementi principali che il Ceo di NLMK Verona Giovanni Borinelli identifica per la ripartenza dell’industria siderurgica italiana. Lo stabilimento veronese sta già sperimentando il recupero, almeno in parte a fronte degli ordini acquisiti per la filiera del biomedicale.
Dottor Borinelli il tema della sicurezza sembra essere uno dei punti più ostici per la ripartenza, non tanto dal punto di vista burocratico quanto piuttosto per la percezione da parte dei lavoratori, ancora intimoriti dal rischio contagio. Come avete superato queste paure?
È chiaro che il rischio “zero” in questi casi non si può garantire, ma si deve fare tutto il possibile perché ci si possa avvicinare, e questo viene percepito dai dipendenti e rinsalda il rapporto fiduciario lavoratore/azienda. A esempio per noi il rispetto del protocollo di intesa raggiunto tra le parti sociali e Confindustria è il requisito minimo da cui partire. In autonomia abbiamo deciso dove ci fossero gli spazi di imporre una distanza minima superiore rispetto al consigliato e di imporre comunque l’utilizzo della mascherina, anche perché spesso gli addetti si spostano nei reparti. Abbiamo posto nei corridoi di passaggio più stretti le indicazioni di controllare che non vi siano già addetti che occupano gli spazi stretti. Abbiamo adottato segnaletica a terra che permetta di individuare dove sistemarsi per garantire le distanze. In postazioni di lavoro comuni come i pulpiti oltre alle sanificazioni richieste forniamo ai dipendenti dei prodotti di specifici in maniera che autonomamente possano procedere ad igienizzare gli strumenti che vanno ad utilizzare. Abbiamo posto dei guanti monouso nei pressi delle aree di break dei distributori automatici. Possono sembrare piccole cose ma nel loro insieme danno concretezza alla volontà di mantenere i lavoratori in sicurezza e che si tiene alla loro salute. Ovviamente abbiamo attivato lo smart working ma può capitare che i dipendenti si trovino a dover fare alcune particolari operazioni in ufficio e devono poterlo fare in sicurezza, anche nel caso un collega abbia le stesse esigenze pertanto stiamo creando uffici temporanei in modo che le persone siano fisicamente impossibilitate ad entrare in contatto. Come ho già detto sono piccolezze ma aiutano ad evitare i potenziali contagi e a superare quella paura collettiva che abbiamo visto caratterizzare le scorse settimane. Anche perché credo che dovremo fronteggiare il rischio coronavirus ancora per diverse settimane per cui vale la pena puntare davvero a cercare di azzerare i rischi di contagio.
Ma per ripartire si deve tener conto oltre che dell’aspetto di messa in sicurezza degli ambienti anche degli aspetti economici; far funzionare gli impianti solo in maniera parziale non espone a rischi di perdita di marginalità, tanto che a volte conviene stare fermi per azzerare i costi, oppure ci sono altri aspetti da considerare?
È evidente che la scelta di far funzionare le aziende non al pieno del proprio potenziale è necessariamente temporanea. Il caso delle commesse del biomedicale ne sono un esempio, i volumi non giustificherebbero la produzione dal punto di vista economico, ma vogliamo fare la nostra parte per contribuire all’uscita da questa crisi. Comunque le nostre aziende hanno la solidità necessaria per sopportare questa fase se limitata, diverso è il discorso se il periodo dovesse prolungarsi, allora occorrerebbe intervenire in modo più radicale sul business plan. Resta comunque chiaro che, come abbiamo imparato dalla crisi del 2008/2009, periodi come questo esigano una grande attenzione al taglio di qualsiasi costo ritenuto superfluo al fine di massimizzare l’efficienza dell’azienda. Il rapporto con la clientela si è ulteriormente rinsaldato e non vi è stato da parte di nessuno il ricorso alle clausole contrattuali per speculare sulla situazione, ma si è affrontato tutto nella massima elasticità. Ho però paura che questa problematica potrebbe incorrere tra qualche mese, quando eventuali ripartenze a macchia di leopardo potrebbero distorcere i normali flussi di domanda offerta, ma al momento non ci sono ancora segnali concreti in questa direzione.
Voi siete parte di un grande gruppo internazionale come NLMK che percezione hanno avuto i vertici russi della situazione italiana ed europea di evoluzione dell’epidemia di coronavirus?
Sono orgoglioso di poter affermare che per noi essere parte di NLMK è una grande chance. Il gruppo ha a cuore in maniera particolare la sicurezza del proprio personale, e questo vale per tutte le sue controllate nel mondo. È un atteggiamento da sempre proprio dell’azienda che punta al miglioramento continuo e all’eccellenza partendo da questo aspetto. Per cui l’invito a mettere in campo le migliori soluzioni possibili arriva sin dai vertici aziendali. Le pratiche in termini di sicurezza sono ormai un punto fisso delle call internazionali con lo scopo di implementare le best-practice in tutti gli stabilimenti del gruppo, aumentando il livello di sicurezza generale mantenendo allo stesso tempo elevata la produttività.
Negli ultimi tempi si è fatto avanti lo spettro mancati pagamenti, ma qual è la cosa che le fa più paura per la ripartenza, quale invece quella che la fa essere più ottimista?
È chiaro che il tema della liquidita sia l’argomento principale di questi giorni, un problema che forse si manifesterà non nell’immediato. Ritengo però che rispetto alla grande crisi del 2008/2009 lo scenario di fondo sia molto diverso, le aziende sono molto più attente nella selezione dei fornitori, è già stata fatta una selezione naturale dei soggetti a rischio e l’atteggiamento del comparto bancario pare diverso rispetto ad allora. Non escludo qualche criticità ma credo che potranno essere superate. Sia quello che mi spaventa che quello che mi rincuora invece è legato allo scenario bellico in cui stiamo di fatto vivendo. Quando si entra in un dopoguerra spesso si assiste ad un incremento degli egoismi, sia nazionalistici che a volte aziendali e questo potrebbe far sorgere nuove barriere o interrompere legami che è una condizione assolutamente da evitare. Ciò che mi fa invece essere ottimista è che ogni fine di conflitto è accompagnato da un sentimento liberatorio ed ad una volontà di lasciarsi tutto alle spalle che fa liberare alle persone una grande quantità di energie positive che ci aiutera’ a ripartire di slancio. Diversamente dalle crisi precedenti, di questa possiamo già intravedere una fine, basta guardare all’esperienza cinese. Per cui sono sicuro che anche questa volta ne usciremo rafforzati e pronti a superare nuove sfide.
17 marzo 2025
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