4 dicembre 2019
È tutta in salita la trattativa sindacale perché ArcelorMittal resti a produrre acciaio a Taranto. L’azienda nel vertice odierno ha infatti confermato 4.700 esuberi, nel nuovo piano industriale 2020-2024 presentato al MiSe dall’amministratore delegato Lucia Morselli al ministro Stefano Patuanelli e sindacati.
Una cifra che ha fatto storcere in naso allo stesso ministro che ha dichiarato: «Sono molto deluso, l’azienda non ha fatto i passi avanti attesi».
I numeri prospettati hanno portato sul piede di guerra i sindacati che hanno indetto per il 10 dicembre un nuovo sciopero generale.
Seppur contrariato Patuanelli non chiude la porta: «In una fase di trattativa ci sta un momento di particolare criticità: spero che oggi rappresenti il momento di maggiore criticità e si voglia risolvere definitivamente il problema dello stabilimento — ha spiegato il titolare del MiSe —. Noi faremo le nostre proposte nelle prossime ore, siamo molto cocciuti, cerchiamo di stare al tavolo e di arrivare all’obiettivo finale, quello di garantire una produzione siderurgica all’avanguardia con nuovo tecnologie sviluppando interventi sul territorio».
Secondo le indiscrezioni relative al nuovo piano gli occupati dovrebbero scendere dai 10.789 occupati nel 2019 ai 6.098 del 2023. L’occupazione, in particolare, scenderebbe di 2.900 unità subito nel 2020 e poi di ulteriori 1.800 unità nel 2023 fino a 4.900 lavoratori, dopo che ArcelorMittal stima di spegnere l’Afo2 facendo entrare in funzione un forno elettrico.
«Siamo entrati con un accordo approvato col consenso del 93% dei lavoratori un anno fa e usciamo da qui con una proposta di un nuovo piano industriale che lo stravolge e lo cestina, senza spiegare le reali motivazioni che sono alla base di questa decisione». Questo il commento di Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm. «Il piano proposto - dichiara il leader sindacale - non è sostenibile né dal punto di vista occupazionale né industriale. Hanno presentato un piano industriale per chiudere l’attività produttiva. Non vogliamo discutere dei numeri previsti dal programma prospettato dall’azienda. È irricevibile perché non possiamo consentire un piano che porta alla chiusura degli stabilimenti italiani con drammatiche ripercussioni occupazionali. Si possono trovare delle misure transitorie in presenza di una crisi congiunturale e produttiva, ma sempre partendo da quanto previsto dell’accordo del 2018».
14 febbraio 2025
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