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Giancarlo Turati

«Non guardiamo a quello che EXPO potrà fare per noi, ma a quello che noi potremo fare per EXPO»

All’International Partecipant Forum di Expo 2015, ero scettico, ma mi sono dovuto ricredere. Ora il panorama è chiaro e l’errore della mia prospettiva macroscopico. Sono figlio del mio tempo e quest’errore lo hanno fatto con me tantissimi italiani e bresciani, imprenditori, politici e semplici cittadini: abbiamo sbagliato la prospettiva.
Da buoni italiani, quando si è iniziato a parlare di EXPO abbiamo subito pensato: «Come posso fare a fare business?», «Cosa ci guadagno?», «Chi ci guadagna?». Certo le prospettive iniziali con litigi di politici, risse sui terreni, ritardi, minacce, scetticismo generale e gelo governativo non erano delle più rosee. Tuttavia l’approccio del business-pensiero, della necessità di un tornaconto perché l’adesione all’idea fosse concretizzata, ha prodotto un fatto singolare: ci siamo dimenticati del tema, del titolo. Genericamente si alludeva ad Expo come «la mostra del cibo del food and beverage»: nulla di più errato. Questa visione distorta ha portato la necessità, l’ansia del business al centro, spostando fuori traiettoria il contenuto, con un grande rischio: perdere clamorosamente il treno.Gli Exposcettici sicuramente scuoteranno il capo: tanto non se ne farà nulla, solito magna magna e così sia. Infatti il partito degli Exposcettici ha rischiato di mandare all’aria tutto: indifferenza, boicottaggio, silenzio. Ecco, la non comunicazione, di cui colpevolmente anche la società EXPO si è rifornita, è forse la maggiore causa dell’indifferenza che fuori Milano ha dominato la scena di questi ultimi due anni; le istituzioni, snobbando EXPO, hanno gettato una cortina fumogena che ha di fatto oscurato qualsiasi iniziativa, qualsiasi notizia, contribuendo a far sì che Milano, già fortemente avvantaggiata essendo la città organizzatrice, allargasse ulteriormente il Gap gestendo in proprio e pro domo ogni cosa. Dal coinvolgimento attivissimo delle scuole e degli studenti milanesi, così come quello delle università, delle imprese, della cultura. Appunto. Ora, e non poteva essere diversamente, EXPO è uscito allo scoperto e ha riportato la centralità del tema al centro della riflessione di tutti: «Nutrire il pianeta, energia per la vita» questo è il tema e da qui si deve ripartire. Nel mondo, 870 milioni di uomini, donne e bambini soffrono la mancanza di cibo; due miliardi non hanno un’alimentazione corretta sotto il profilo delle razioni minime giornaliere (RDA) di vitamine e minerali nobili; più di 500 milioni soffrono di obesità e disturbi per eccessiva alimentazione ipercalorica e ipervitaminica (Fonte FAO/ONU). Basterebbe che i 500 milioni di obesi tornassero ad un regime corretto per dimezzare il numero di affamati…vale la pena di rifletterci. Nei prossimi 40 anni l’agricoltura mondiale dovrà aumentare la produttività del 60% per coprire il fabbisogno alimentare del mondo (fonte FAO/ONU). Noi abbiamo consumato e consumiamo continuamente territorio per costruire capannoni che restano vuoti, senza infrastrutture e senza futuro. Piani di governo del territorio miopi e orientati al risultato “a breve” rischiano di tagliare fuori il nostro paese da uno sviluppo e da una serie di opportunità di crescita economica notevoli. La nostra cultura, le nostre radici potrebbero essere un fattore critico di successo fondamentale se non fossimo ancora legati al paradigma: manifatturiero uguale crescita, altri settori uguale contorno. Ma è proprio il tema portante di Expo, apparentemente fuori da tutto ciò che è manifattura, a riportare al centro la ricerca di nuove tecnologie e macchine, di nuove fonti energetiche, di nuovi impianti di trasformazione, lo studio di servizi e sistemi di ottimizzazione della produzione, la sostenibilità come risorsa per lo studio di nuove tecnologie e materiali, l’acciaio come materia verde e pulita che può aiutare lo sviluppo di nuove tecnologie costruttive. Questi ed altri fattori saranno necessari per gestire il mutamento che la crescita della domanda in ambito di produzione agroalimentare porterà. Da qui vengono le sfide portanti del futuro ed il laboratorio di idee per lo sviluppo prossimo del pianeta, dalle Smart City, tanto di moda oggi, alle nuove biotecnologie; dalla trasformazione delle materie prime alla gestione delle risorse. Temi come: Food security, Food Safety, sostenibilità, energia, gestione delle risorse, rapporto cibo, cultura, pace, la gestione dell’acqua, lo sfruttamento dei mari…. saranno a Milano nel 2015, a due passi da casa nostra! Ma potranno vivere anche a Brescia se sapremo concretizzare opportunamente l’idea del “fuori Expo”. Si pensi quante aziende, quanti settori, quanta conoscenza possono coinvolgere gli sviluppi di questi temi che sono le colonne portanti del concept di EXPO.
Brescia città dell’EXPO: un esperienza tutta da vivere! Questa è la sfida che ci attende; non una torta da cui cercare di spillare affannosamente una fettina, ma un flusso entusiasmante di idee, iniziative, progetti, contaminazioni, per dare un contributo determinante allo sviluppo del tema. Non più “cosa possiamo prendere da EXPO” ma “cosa possiamo dare ad EXPO” ed il cambio di prospettiva mi sembra notevole. Dovremo uscire dal campanile, uscire da un ambiente fortemente corporativo per dare il nostro contributo, la nostra cultura, la nostra esperienza, la nostra ospitalità e le nostre eccellenze, i nostri giovani talenti, al servizio del miglioramento del pianeta.
Se non è business questo, allora non ho capito nulla.

Giancarlo Turati

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