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Verso l’Industria 4.0: una spinta alla concretezza

Lo stato dell’arte e le previsioni sul processo che sta traghettando la filiera dell’acciaio verso una nuova era

Bene i robot collaborativi e le macchine interconnesse per ottimizzare i processi. Bene i cloud e gli adattamenti real time nella produzione. Bene, insomma, la teoria dell’Industria 4.0 così come l’ha intesa il Ministero dello Sviluppo Economico nel proprio piano da 13 miliardi di euro per coprire, nel periodo 2018-24, gli investimenti privati sostenuti nel 2017. Ma ogni giorno, oggi, negli uffici e negli impianti produttivi, con i big data e l’automazione smart, cosa si sta facendo? Su una cosa la filiera siderurgica sembra essere allineata: si può fare di più, e meglio.

«Al di là delle idee, bisogna cominciare a fare qualcosa di concreto. Oggi serve che al centro ci siano tre “c”: conoscenza, cooperazione e contaminazione. Rimettiamoci in gioco, non pensando che siano gli altri a muoversi. La prima mossa facciamola noi». Siderweb, con il suo presidente Emanuele Morandi, ha dato lo stimolo lanciando gli Stati generali dell’ACCIAIO. E l’inizio della riflessione su strategie e possibili percorsi è arrivata con la prima riunione, venerdì 30 settembre, del Tavolo «Innovazione e rivoluzione digital», tappa del percorso che porterà a Made in Steel 2017.

Ospitata da Aim a Milano, aperta dal direttore generale di Siderweb, Lucio Dall’Angelo, la mattinata di lavori è stata coordinata da Massiliano Panarari, docente dell’Università Bocconi. Ai 23 partecipanti ha ricordato che «possono svolgere un ruolo decisivo nella produzione di nuovi beni e servizi collegati con l’ingresso nella manifattura 4.0», nella consapevolezza che «sperimentazione tecnologica, qualificazione del personale, qualità e competenza del capitale umano sono indispensabili nella competizione internazionale».

Risorse umane e formazione
«La sfida è grande, mancano le skill – ha detto Rolando Paolone, direttore del Centro Ricerche Danieli -. Avremo sempre più dati, c’è da capire come utilizzarli meglio, avendo un ritorno. Oggi stiamo creando le infrastrutture, anche umane. In questo le start up sono un ottimo mezzo per uscire dal guscio, sperando che ci siano aziende più grandi che le supportino». Ci sono imprese che, per esempio, stanno puntando su un IT angel. Alla Euro Sider Scalo è stato assunto un ingegnere che si occupa del cambiamento. Il perché l’ha spiegato il direttore generale Nicola Pastorelli: «Non è un problema tecnologico, ma culturale. Cambiamo software, raccogliamo dati, e poi? Per un’impresa non è così semplice capire cosa sono e quali sono le opportunità dei big data. Manca la percezione di cosa si può fare».
Che alle imprese servano persone con le giuste competenze lo ha detto anche Francesca Morandi, internal audit di Morandi Group: «Siamo di fronte ad un cambiamento storico, è prioritario avere le skill adeguate. C’è bisogno della compartecipazione di più attori: aziende, università, consulenti; è necessaria maggiore alternanza scuola lavoro». Che, forse, potrebbe essere utile ad avviare quella «evoluzione culturale» invocata da Fiorenzo Castellini, amministratore delegato di Castellini Officine Meccaniche. «Tante realtà sono strutturate e organizzate; altre sono rimaste diversi passi indietro, per difficoltà incontrate o per scelta. È difficile trovare una ricetta che vada bene a tutti. Ma questo è il vero grande limite comune: condividiamo poco e solo all’interno, non all’esterno dell’azienda».
È quell’«open innovation» citata da Marino Piotti, co-founder di Superpartes: «C’è bisogno di nuovi modelli. Fare sperimentazione all’interno di in una rete accresce di molto la probabilità di arrivare velocemente ad un valore tangibile, che entri nel conto economico».  

Condivisione delle informazioni e inter operatività
Proprio «condivisione e inter operatività» sono le chiavi di volta secondo Alessandro Giacobbe, technical sales director di Eusider. «Ci sono imprenditori illuminati, visioni aziendali, spinte a portare avanti il business, ma sono sporadiche, non è un sistema. Non è installare un sensore – ha detto - che modifica un sistema, è dall’uomo che parte l’idea. Bisogna abbattere i muri». Lo starebbero chiedendo anche i clienti. «La filiera è sempre più stretta. Con il just in time ed il magazzino zero, l’informazione diventa un elemento fondamentale» secondo Alessandro Trivillin, amministratore delegato di Acciaierie Bertoli Safau. «Ci sono grandi opportunità nel mondo del predictive: con gli smart data – ha detto - si può intuire all’inizio del processo produttivo che un prodotto non sarà buono. Questo si traduce anche in un risparmio ed un servizio al cliente».

Anche per Bruno Sonetti, IT manager del Gruppo Marcegaglia, «L’innovazione è spesso conseguenza della necessità di avere informazioni da parte del cliente finale. È il mercato che la chiede. Il percorso della logistica all’esterno dei cancelli dell’azienda è fondamentale. Si sta lavorando in questo senso per migliorare servizio, valore aggiunto e marginalità». D’accordo Enrico Frizzera, amministratore delegato del Gruppo Manni: «Nella logistica e nell’internet of things, con poco investimento di possono ottenere informazioni utilissime, da cui può derivare un grande vantaggio. Se oggi – ha spiegato - ci sono sensori applicati sui pali della luce, non vedo perché non potrebbero essercene su travi e tubi». Sarebbero soprattutto le aziende produttive a non avere «una grande sensibilità sulla digitalizzazione.  Non capiscono ancora perché sia importante digitalizzare e condividere». Per questo Claudio Morbi, ad di Stain, ha ricordato che «oggi le imprese che vendono informazione sono quelle a più alto valore aggiunto» e che c’è da lavorare sull’«integrabilità dei sistemi, che manca. Deve esserci una spinta a diffondere all’esterno le informazioni da parte di chi li acquista». E che oggi il valore aggiunto stia nella componente di tecnologia e di servizio ha trovato d’accordo anche Costantino Miri, responsabile prodotti e servizi corporate del Banco Popolare, pure impegnato nella gestione del cambiamento perché «i clienti non chiedono solo un canale online, ma sempre di più un affiancamento nell’evoluzione tecnologica, nell’efficientamento dei processi».    

Spinta alla concretezza e analisi dei big data
Certo il percorso verso l’Industria 4.0 «non passa solo attraverso la sensorizzazione e la possibilità di ridurre i costi attraverso l’ottenimento di informazioni, ma attraverso i modelli». Ecco perché Guido Chiappa, amministratore delegato del C.S.M., ha ricordato che «le informazioni acquisite dai sensori, e dagli operatori con la loro sensibilità, vanno legate a elementi di intelligenza per poter costruire processi efficaci». Anche questo è Industria 4.0, «analizzare i big data e pianificare, orientando così gli investimenti per allinearsi totalmente alla domanda e integrando a monte e a valle i diversi settori», così come spiegato da Antonio Maresca di Ernst & Young.

E proprio una «spinta alla concretezza e ad un approccio che arrivi dal mercato, finora technology push ma senza vantaggi effettivi» è stata invocata da Giacomo Copani, ricercatore del CNR. «Il tema non può essere solo informatico, le macchine da sole non capiscono cosa devono fare. Occorre riportare al centro modelli e processi, ricerca e innovazione, che non possono prescindere dagli obiettivi imprese».

Chi è impegnato nella ricerca è il Centro Inox. Lo ha spiegato l’ad Fausto Capelli: «Siamo impegnati in uno studio sulla distribuzione. Dal primo maggio ci sono nuovi codici doganali, che hanno creato grosse difficoltà, anche perché non è stata fatta cultura nel settore. Qui l’Industria 4.0 può dare il proprio contributo». «Grandi margini di sviluppo» li offrirebbe anche nel comparto delle costruzioni. Secondo Simona Martelli direttore di Fondazione Promozione Acciaio «la digitalizzazione è uno dei mezzi più potenti per rendere credibile ciò che viene fatto nel nostro settore all’occhio della politica e dell’investitore pubblico, che hanno bisogno di certezze». C’è anche la filiera edilizia tra i settori citati da Carlo Mapelli, presidente di A.I.M. e docente di metallurgia al Politecnico di Milano, cui la siderurgia dovrebbe guardare per orientare la propria evoluzione futura, insieme alla «filiera dei trasporti ed a quella agroalimentare», due settori in cui l’analisi dei big data potrebbe favorire l’individuazione del fabbisogno di specifici prodotti, creando opportunità di sviluppo.

Verso un «Nuovo Rinascimento»
«Non sono sicuro che l’economia 4.0 sia in continuità con il passato. Rappresenta piuttosto un punto di salto e di rottura, un modo diverso di vedere il mondo e di condividere dati e conoscenza» ha detto Giancarlo Gervasoni, ad di ZeroUno. Per questo «la rete dati per le imprese e per il cittadino è una commodity che deve essere disponibile ovunque, con una qualità assimilabile a quella della distribuzione elettrica».  È a questo punto che nel sistema entra in gioco il territorio. «Siamo un Paese di piccola impresa e distretti industriali. Nella digitalizzazione si privilegerà il territorio o la filiera?» si è chiesto Marco Citterio, consigliere di Made in Steel.

Quale che sia il grado di innovazione che si sarà in grado di apportare, secondo Antonio Vivenzi, Siderweb e presidente di Lgh, sarebbe importante «non fermarsi al credito d’imposta per sostituire le macchine, c’è ben altro. Ed in Germania lo stanno facendo».  E quale che sia la direzione, staremmo viaggiando verso «l’Era 4.0, dello sviluppo condiviso». E in questo l’industria, ha detto Riccardo Trichilo, presidente di Csmt e AQM, «ha recuperato il proprio ruolo di motore di sviluppo, che richiede responsabilità. Oggi siamo inadeguati a questo compito più complesso e articolato, olistico e sferico: il profitto è la prima risorsa, seguito da competitività, innovazione custom oriented, digital».

«Si tratta di capire – ha concluso il direttore generale di Siderweb, Lucio Dall’Angelo - come ognuno di noi può mettere in campo idee e strategie, produrre tesi e punti di pensiero che possono diventare interlocuzioni con la politica. In questo senso gli Stati Generali dell’ACCIAIO sono una grande operazione di cultura nel mondo dell’acciaio». Nonché un percorso che farà arrivare la filiera siderurgica a Made in Steel 2017 con una piattaforma programmatica che possa interpretare le sfide e le esigenze delle imprese. L’invito, alla chiusura dei lavori del Tavolo, l’ha ribadito il presidente di Siderweb, Emanuele Morandi: «Mettersi in gioco in modo trasparente».   



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