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Made in Steel

Un artigiano contemporaneo delle idee. Oliviero Baldini direttore artistico di Made in Steel 2015

 di Fiorenza Bonetti

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L’adrenalina, la sfida, la prova: queste le uniche direttrici sulle quali si articolano le scelte professionali e creative di Oliviero Baldini, architetto e, dall’edizione 2015, direttore artistico di Made in Steel. Proprio l’acciaio, la siderurgia, l’industria, mondi così lontani dalla sua esperienza, hanno rappresentato le leve che lo hanno portato a scegliere di intraprendere questa nuova avventura professionale. Per Baldini, il curriculum è costellato di esperienze diverse e disomogenee. Certamente, il mondo del bello, quello della moda, dell’arte, dei preziosi è il suo humus. Contesti ben diversi dalla manifattura pesante, dall’acciaio e dall’industria primaria. «Sono giunto a Made in Steel spinto dalla curiosità, vitale nelle mie scelte. – spiega Baldini – Credo fortemente, nel contempo, nella caratteristica primaria che deve avere una manifestazione fieristica oggi: comunicare. Organizzatore e espositori, infatti, condividono un obiettivo: l’esternazione della propria immagine». Un valore aggiunto di recente al DNA delle fiere, imperniato in passato quasi esclusivamente sull’aspetto commerciale. Per questo e per molte altre ragioni, Baldini dichiara: «Il mio compito in una manifestazione fieristica è riuscire a trasmettere alla sua popolazione un messaggio capace di essere trasferito senza richiedere alcuno sforzo, né investimento di tempo da parte dei visitatori». Del resto, «gli allestimenti sono la sintesi estrema di esperienza, progettualità, interesse per l’arte, per la comunicazione» continua Baldini. Hanno un significato ben più complesso di quanto immaginassimo, me se comprenderlo non ci ha rubato molto tempo, l’obiettivo può essere già considerato raggiunto.  
La funzione di tutti questi aspetti è ben rappresentata dai ruoli che, dal 2006, Oliviero Baldini assume nell’ambito di Pitti Uomo e di Pitti Immagine, le prestigiose manifestazioni fiorentine dedicate alla moda. Progettista, direttore di tutti gli allestimenti e le installazioni: cariche di rilievo nell’ambito di una manifestazione che si è fortemente riposizionata al centro della luce dei riflettori. Le fiere – anche se Baldini, proprio come Made in Steel, non gradisce chiamarle e definirle con quel termine – sono una delle tappe del lungo viaggio professionale dell’architetto. «Ritengo che la mia professione debba essere esercitata al termine di un lungo percorso di conoscenza e apprendimento, che porti ad acquisire competenze anche di natura economica e tecnologica, tra le altre.» descrive Baldini «Per questo mi piace pensare di essere un artigiano contemporaneo delle idee, chiamato a cogliere l’oggi, con tutte le sue numerose incognite». Questo perché, in particolare, il nostro oggi «è una fase di transito, passaggio» spiega Baldini, che continua «Ogni momento storico ha avuto al suo fianco uno strumento, una forma d’arte più adatta di altre ad immortalarlo. Oggi, questo ruolo è incarnato dal web, del quale, pur conoscendo molto, ignoriamo le ripercussioni che avrà sul nostro futuro anche nel design, nell’architettura di domani». Il digitale, riuscendo ad annullare il concetto di tempo e di distanza, quali mutamenti riuscirà ad imprimere sull’arte e il gusto? «Nel 1972 ero a New York per la prima volta, attratto come una calamita dal fenomeno della musica, delle discoteche. Un interesse che mi ha portato a visitarne numerosissime, in ogni zona del mondo. In coda, a Capodanno, attendevo con mia moglie di riuscire ad entrare allo Studio 54, ma centinaia di metri di persone incolonnate davanti a noi ci stavano facendo perdere le speranze di entrare. – racconta Baldini – Eppure, una volta appurato che fossimo italiani, i buttafuori ci permisero di scavalcare tutta quella coda ed entrammo. Eravamo nell’anno dell’esposizione al Moma di «Italy, the new domestic landscape», la mostra curata da Emilio Ambasz che riunì, per la prima volta, i grandi maestri del design italiani e i nuovi esponenti dell’avanguardia. Fu allora che il mondo conobbe, e amò alla follia, il made in Italy». Oggi, secondo l’architetto, mantenere quel brand è molto più difficile. La globalizzazione abbatte le frontiere. Il tempo e lo spazio, si diceva. Ma afferma con ancora maggiore decisione l’importanza del subito. Fornire risposte continuamente diverse ad un mondo il cui moto è instancabile, questa è la sfida di un architetto. «Non posso anticipare quale sarà la veste 2015 di Made in Steel – conclude Baldini – ma posso dire che, sotto la pelle dei partecipanti rimarranno il verde e l’azzurro. “Quiet” è la parola che rappresenta il mio progetto». Il mondo, e l’acciaio, sta cambiando ancora. Stiamo al passo. 

Nella foto, l'architetto Oliviero Baldini

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