Firmato il "Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale", c’è da analizzare uno dei suoi nodi più interessanti: quello dello smart working, anche se nella grande maggioranza dei casi si tratta più propriamente di lavoro da casa, che in questi mesi ha caratterizzato in modo massiccio anche il settore privato.

È un’occasione importante per andare nella direzione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Ma occorre innanzitutto una rivoluzione culturale, perché si lavori per progetti e obiettivi, non in base a una determinata quantità di ore trascorse in un ufficio. È una delle punte dell’iceberg della trasformazione digitale.    

Massimiliano Panarari
è sociologo della comunicazione, saggista e consulente di comunicazione politica e pubblica. È professore di ruolo alla Università Mercatorum di Roma, e insegna inoltre all’Università Luiss Guido Carli di Roma, alla Luiss School of Government e all’Università Luigi Bocconi di Milano. È editorialista dei quotidiani La Stampa, Il Mattino di Padova, Il Piccolo e Giornale di Brescia, collabora con L’Espresso, Il Venerdì di Repubblica e con siderweb.