«Per capire come sarà l’acciaio nel 2030, bisogna prima chiedersi come sarà il mondo nel 2030». Parte da questo pensiero l’articolata riflessione che il responsabile dell’ufficio studi di Siderweb Gianfranco Tosini ha condiviso con i partecipanti al convegno «Industria e Acciaio 2030» organizzato da Siderweb all’interno del festival dell’innovazione Supernova. Un appuntamento in cui si è ripercorsa la «spina dorsale», dell’omonima pubblicazione della community dell’acciaio (acquistabile nello store di Siderweb cliccando qui).
«Il primo fattore da tenere in considerazione è che nel 2030, secondo le stime, ci saranno un miliardo di persone in più sul pianeta – ha spiegato Tosini-. Il che può essere visto come un’opportunità importante anche dall’acciaio, dato che questo significa che ci saranno un miliardo di consumatori in più. Da capire invece è come si comporteranno questi consumatori e soprattutto in che aree del globo si concentreranno. Ad esempio la tipologia di acciaio cambierà se la popolazione si ammasserà in prossimità dei grandi centri urbani, che quindi necessiteranno di uno sviluppo in altezza, oppure consumerà ancora il suolo delle campagne? Con tutta probabilità la popolazione si concentrerà sui centri urbani ma dei paesi oggi emergenti, il che porterà a privilegiare la ristrutturazione delle vecchie costruzioni. Inoltre per la stessa industria manifatturiera del futuro il 60% del valore verrà rappresentato dai servizi e non più dal prodotto stesso che verrà prodotto laddove i costi sono più bassi».
Per Tosini nel prossimo futuro la produzione di acciaio salirà di 450 milioni di tonnellate, tuttavia il 90% di esse verrà realizzato nei paesi emergenti. Si dovrà però considerare anche il come ciò verrà realizzato, se con processi da ciclo integrale o da forno elettrico, per capire le eventuali influenze sull’approvvigionamento di materia prima.
«I paesi in via di sviluppo al momento stanno privilegiando la tecnologia dell’acciaieria elettrica. Per ovvie ragioni: minor costo dell’investimento impiantistico e minor impatto ambientale del processo produttivo. Un trend che innalzerà il fabbisogno mondiale di rottami metallici dagli attuali 200 a 500 milioni di tonnellate. C’è però un fattore non indifferente da considerare: il ciclo di produzione del rottame ha dei tempi di gran lunga maggiori rispetto a quelli delle materie prime minerarie, inoltre varia a livello geografico, i paesi emergenti infatti non sono ancora in una fase di auto generazione interna del rottame, e per tanto si approvvigionano importando materia prima, creando tensione sui prezzi. Un esempio evidente è quello turco. Se le proiezioni verranno rispettate potrebbe verificarsi addirittura un buco da 250 milioni di tonnellate di rottame, sull’attuale offerta rispetto alla domanda. Su questo però vi è un ulteriore elemento da considerare ed è l’avvio nel 2022 della produzione interna di rottame in Cina. Un fattore che renderà il Paese asiatico completamente autosufficiente, e addirittura potrebbe spingerlo ad esportare l’eccedenza di materia prima, con chiari effetti sui prezzi. Inoltre l’arrivo di materie prime alternative, come ad esempio il minerale preridotto, potrebbe contribuire a calmierare lo scenario».
Secondo Tosini quel che però le imprese, soprattutto dei paesi maturi, dovranno imparare a fronteggiare è una variazione sensibile nel meccanismo della domanda.
«Non saranno più i grandi produttori a fornire prodotti standardizzati a cui l’utilizzatore dovrà adeguarsi ma esattamente l’opposto. La nuova domanda mi dirà cosa devo produrre, quando devo produrlo e con che quantità. Uno scenario in cui la flessibilità e l’adattabilità delle aziende saranno fondamentali e che con tutta probabilità influenzeranno anche le tipologie di impianto, sia sul fronte di input, sia dal punto di vista dei prodotti che sarà possibile realizzare».
Tosini ha inoltre concluso evidenziando come il futuro sarà probabilmente rappresentato da mercati di nicchia e come al momento siano avvantaggiate aziende piccole, flessibili e dinamiche, rispetto ad aziende strutturate più resistenti al cambiamento. Proprio per i grandi player il futuro è rappresentato da operazioni di aggregazione o fusione in cui gli attori protagonisti saranno pochi, probabilmente i grandi operatori internazionali di oggi, come ad esempio ArcelorMittal.