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«Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti»

Lettera aperta sulla vicenda dell’ex Ilva di Taranto

Translated by Deepl

Riceviamo e pubblichiamo un’interessante riflessione sulla vicenda dell’ex Ilva di Taranto. Uno spunto che aiuta a fare un esame di coscienza collettivo su quanto la vicenda e la sua mancata soluzione, dopo quasi 12 anni di crisi, riguardi un intero Paese.

 

Caro direttore,

dopo aver letto il suo editoriale e la riflessione della dottoressa Morandi, mi sono sentito di poter dare il mio contributo con questa riflessione sulla vicenda Acciaierie d’Italia che avevo scritto, ma mai inviato, qualche settimana fa.

La vicenda dell’ex Ilva Taranto, ma anche di Genova Cornigliano e Novi Ligure, è molto chiara ed emblematica se la si inquadra dal punto di vista della distruzione di una eccellenza industriale, ma diventa più complessa se si volessero individuare le responsabilità di questo disastro. Salvo poi probabilmente scoprire che - come nel famoso giallo di Agatha Christie, Assassinio sull’Orient Express - non c’è un solo assassino: ognuno dei sospettati aveva infatti le sue buone ragioni per uccidere la vittima e tutti hanno tirato una coltellata.

Proviamo ad immaginare di essere arrivati alle pagine finali del giallo, ovvero quando Poirot descrive a tutti i presenti cosa è realmente successo.

Colpevole è la famiglia Riva che fino a che c’è stata ha gestito bene ma con ruvidità e sufficienza. La ruvidità non è di per sé un male, la sufficienza sì. I Riva avevano stabilizzato l’occupazione e fatto investimenti ingenti e importanti, anche dal punto di vista ambientale. Sono colpevoli in quanto non li hanno voluti raccontare: non serviva esibire attraverso le parole perché dal loro punto di vista la forza dei fatti non aveva bisogno di narrazione. Questo è stato un grande errore di sufficienza come pure lo è stato quello di avere un rapporto distaccato con il territorio, soprattutto a Taranto, rifiutando di integrarsi, arroccandosi a riccio all’interno dello stabilimento, evitando di frequentare gli stakeholder locali ma anche, più banalmente, alberghi e ristoranti.

Colpevole ed imbarazzante l’intreccio fra magistratura e politica impegnate in un ping pong dell’assurdo fra sequestri, ordinanze, decreti (che non si contano più), modifiche di legge e poi di nuovo ordinanze, processi che non finiscono mai, condanne e/o assoluzioni. La dimostrazione, insomma, che nel nostro Paese la magistratura colma i vuoti lasciati dalla politica e chi amministra le istituzioni rincorre con misure talvolta efficaci a talaltra goffe o discutibili.

Colpevoli i Comitati che, pur non riuscendo nel loro intento, la chiusura dell’area a caldo di Taranto, proliferano su una confusione informativa fatta di ripresa di informazioni spizzicate da internet, personalizzazioni ed allarmismi eccessivi o fuorvianti. Specularmente colpevole il mondo della scienza che, a parte alcune rappresentanze ideologizzate, per quanto riguarda le voci ufficiali tace. I casi sarebbero due: o chi è depositario del sapere conferma gli allarmismi e quindi si deve di corsa chiudere tutto o li smentisce e quindi le chiacchiere devono tornare a zero.

Colpevoli i Governi locali e nazionali (troppi) che si sono succeduti. Colpevoli a volte per non essere riusciti andare oltre il fiancheggiamento o la rincorsa della magistratura; sicuramente colpevoli per l’incapacità di capire l’essenza tecnica dei problemi, le dinamiche competitive all’interno delle quali si è sviluppata la vicenda; ma soprattutto colpevoli per non avere mai avuto l’umiltà di farsi aiutare da persone competenti ed autorevoli, e ce ne sono, che conoscono profondamente i problemi tecnici, produttivi, ambientali, regolatori e commerciali.

Colpevoli i dirigenti e, da un certo punto di vista, tutti i dipendenti dell’azienda. Negli ultimi 10 anni sono passate tante gestioni e mai che abbiano fatto sentire la loro voce, soprattutto nei periodi, come quello recente, dove chi gestisce l’azienda è fortemente contestato dall’esterno. Non hanno parlato quando sono stati cacciati i Riva, e molti ne riconoscevano e ne riconoscono ancora adesso i meriti, e si sono allineati al conformismo di facciata salvo sottovoce lamentarsi e criticare. I dirigenti, in particolare, avrebbero il grande potere di rifiutarsi di adottare scelte che considerano sbagliate … ma questo non l’hanno mai fatto per due possibili ragioni: mancanza di coraggio o convenienza economica.

Colpevoli i Sindacati sia nazionali che (meno) quelli locali. All’inizio si sono allineati alle scelte della magistratura salvo poi procedere su distinguo deboli e soprattutto poco chiari. Se poi le cose adesso fossero come dicono, troppo debole è la loro capacità di smuovere le acque attraverso una decisa e vigorosa protesta. Infine, inseguendo poco convintamente il principio di non mettere in concorrenza salute e lavoro, hanno involontariamente alimentato la diaspora senza trovare argomenti efficaci per contrastarla.

Colpevoli sia i clienti che i fornitori e le relative associazioni di categoria. I primi hanno beneficiato delle debolezze dell’azienda trovando spazi e occasioni di acquisto conveniente; i secondi, comodamente seduti su spazi di mercato “storici”, hanno tardato a diversificare le loro attività trovandosi in trappola quando l’azienda ha iniziato a non pagare. Tutti accomunati dalla necessità di coltivare un accanimento terapeutico che per alcuni rappresenta una opportunità e per altri la sopravvivenza. Per quanto riguarda i fornitori locali tarantini, la recente spaccatura in seno alla Confindustria locale sta inoltre a dimostrare quanto sia sbagliato dividersi fidandosi più delle sirene del cliente (peraltro poi smentite dai fatti) che della forza derivante dallo stare insieme.

Colpevoli i media nazionali e locali che, salvo rare eccezioni, non sono mai riusciti a rappresentare correttamente la situazione lasciandosi travolgere dai flussi delle informazioni generate dai vari soggetti coinvolti (magistratura, comitati, politica e amministrazioni locali e nazionali, sindacati, manager e uffici stampa, ecc.).

Colpevoli le amministrazioni straordinarie che si sono succedute. La prima, atipica con Bondi, perché non è riuscita ad affermare una visione industriale forse troppo innovativa ma che, con il senno di poi, rappresentava probabilmente la rotta giusta. La seconda perché ha pensato di poter risolvere il problema rifilando l’azienda a qualcuno attraverso una gara che ha avuto più ombre che luci. La terza, quella attuale, che non ha la forza di farsi sentire con i Governi anche perché troppo debole (per postura e competenze) rispetto a chi gestisce i suoi impianti presi in affitto.

Colpevole ArcelorMittal perché è ormai evidente che il suo obiettivo è quello della distruzione dell’azienda da realizzare con una lenta ed estenuante agonia. Subdolamente colpevole perché sono tatticamente molto bravi ed ogni volta, con i vari Governi con i quali hanno negoziato, non si sono mai accontentati di vincere di misura ma hanno sempre ottenuto il massimo possibile.

Colpevole Invitalia che si è trovata controvoglia in una partita molto complessa ed ha deciso di affrontarla con la logica della scimmietta che non vede, non sente e non parla. L’unico che aveva competenze (accademiche) reali ed indiscutibili - e per questo ha cercato di vedere, sentire e parlare - è stato costretto quasi all’inizio alle dimissioni.

La domanda finale è se la Morselli è colpevole o innocente. Se il mandato che l’azionista le aveva affidato era quello di “ammazzare” lentamente l’azienda, la Morselli è innocente perché con grande furbizia e determinazione sta assolvendo all’incarico con una precisione scientifica … è quindi un manager che tutti gli azionisti con le idee chiare, anche se cattive o scomode, vorrebbero avere. Se invece la Morselli è quella che andò da Vespa a decantare il risanamento dell’azienda o quella che più recentemente ha incontrato a Taranto i clienti, è colpevole. Colpevole perché, se il suo reale intento era quello di rilanciare Taranto, ha fallito non soltanto per la mancanza di liquidità più volte evocata, quanto per una gestione all’apparenza schizofrenica degli impianti e degli uomini chiave che, dapprima, ha coperto di soldi ben oltre le medie di mercato, salvo poi farli fuori (a volte dopo poche settimane) perché non le andavano più bene.

Quindi, per concludere, hanno ragione sia De Andrè (anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti) che Poirot sull’Orient Express, tutti i 12 sospettati sono colpevoli, ognuno nel suo piccolo ha dato una coltellata.

Armando Ferro


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