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MINI BOND: la risposta italiana al credit crunch?

L’economia italiana sta attraversando la più lunga crisi economica dal Dopoguerra che ha impattato pesantemente sul sistema della piccola e media impresa ed in particolare sulla capacità di accedere al credito da parte delle PMI.
Il combinato effetto dell’aumento di fallimenti e sofferenze bancarie unito a nuovi e molto più alti limiti minimi di patrimonializzazione imposti alle banche dall’avvento di Basilea 3, ha spinto il sistema bancario italiano a limitare gli assorbimenti di capitale attraverso la riduzione degli attivi ed in particolare dei prestiti a medio e lungo termine alle imprese di dimensioni medio-piccole, storicamente le più dipendenti dal sistema bancario, e quindi quelle che più hanno risentito della stretta creditizia.
Il peggioramento delle condizioni di accesso al credito bancario ha dunque scatenato la domanda di strumenti di finanziamento diretti e alternativi al canale bancario.
Intercettando questo sentimento, il Decreto Sviluppo di marzo 2012, convertito in legge a dicembre, ha sostanzialmente parificato, per quanto riguarda l’emissione di obbligazioni, le imprese non quotate a quelle quotate sotto i profili civilistico e fiscale.
Sono quindi caduti per le imprese private, cioè senza azioni quotate in Borsa, i limiti civilistici all’emissione di obbligazioni (2 volte il capitale sociale aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili), purché i titoli di credito emessi vengano quotati su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione. Sotto il profilo fiscale il Decreto Sviluppo ha:

  1. Esteso alle cedole di queste obbligazioni, i c.d. mini-bond, la deducibilità fiscale secondo le regole ordinarie previste per gli interessi passivi (ossia nel limite complessivo del 30% dell’EBITDA);
  2. Introdotto l’esenzione dall’obbligo di ritenuta (20%) in capo all’emittente sugli interessi pagati e quello di imposizione tout court degli stessi se pagati a favore di determinati investitori istituzionali non residenti

Quest’ultima innovazione ha scatenato molte imprese di dimensioni medio-grandi con un certo grado di maturità sotto il profilo della capacità di produzione di informativa finanziaria (in quanto quasi tutte già partecipate da Private Equity) di affacciarsi sul mercato  senza dover creare appositamente, come in passato, un veicolo estero che emettesse le obbligazioni senza dover poi applicare la ritenuta, evitando quindi agli investitori istituzionali non residenti, che in questo tipo di emissione pesano per più dell’80% della domanda, il problema di dover recuperare fiscalmente la suddetta ritenuta.
Con la quotazione delle obbligazioni sul mercato, l’emittente non fornisce di fatto liquidità addizionale al titolo obbligazionario, che continua ad essere scambiato in massima parte “Over The Counter”, ma ottiene il requisito formale per superare i limiti imposti dal set normativo precedente, in particolar modo sotto il profilo fiscale.
Insieme al regime fiscale che consente il pagamento di cedole lorde, ciò che interessa ai grandi investitori internazionali è una struttura standardizzata, che preveda anche prospetto informativo e rating pubblico, e la liquidità dei titoli stessi, che si ottiene di fatto con una dimensione minima complessiva dell’emissione di almeno 200 Eur mn e con un collocamento pubblico su decine e decine di investitori istituzionali.
La maggior parte delle PMI italiane ha però esigenze di funding molto più contenute (inferiori ai 30 Eur mn) rispetto alla dimensione minima di queste emissioni di grande importo (chiamate, generando un po’ di confusione, mini-bond in quanto emesse dall’Italia da società non quotate e dunque impattate dal Decreto Sviluppo) e non può generalmente sopportare gli elevati costi, in gran parte fissi, che un’emissione pubblica comporta (commissioni di collocamento, spese legali, commissioni di quotazione, revisione del bilancio, 1 o 2 rating pubblico delle principali agenzie di rating internazionali,…).
Si sta sviluppando dunque una nuova categoria di investitori, fondi italiani ancora quasi tutti in fase di fund raising, specializzati nell’investimento in obbligazioni corporate emesse da PMI italiane. Questi fondi, alcuni anche sponsorizzati da banche italiane, si propongono di raccogliere i capitali di:

  1. Enti previdenziali e assicurazioni italiane, difficilmente interessate ad un investimento diretto, di importo assoluto ridotto ma elevato in relazione all’emissione (collocata su pochi investitori con quote rilevanti);
  2. Investitori esteri, non attrezzati per analizzare dall’estero un mercato vario e sfaccettato come quello del debito delle PMI italiane,

e di investirli in Mini-bond di ammontare complessivo ridotto, sottoscritti da un numero limitato di investitori (da uno a una dozzina) e con struttura, scadenze e rendimenti piuttosto standardizzati.
Si è quindi aperta la possibilità per alcune PMI di emettere obbligazioni di importo tra i 3 e i 30 Eur mn, con scadenze tra i 4 ei 7 anni, senza garanzie e covenant (o comunque meno stringenti che in caso di finanziamenti bancari) e cedola fissa tendenzialmente compresa tra il 6% e l’8%, a seconda del merito creditizio (è tendenzialmente richiesto un rating pubblico ma da parte di un’agenzia nazionale).
In questa fase, contrariamente a quanto avviene sul mercato Eurobond (quello delle emissioni internazionali), caratterizzato da una fortissima domanda e dunque da rendimenti delle obbligazioni corporate ai minimi storici, la “potenza di fuoco” messa in campo da questi nuovi fondi appare ancora molto limitata rispetto all’enorme offerta di debito da parte dei potenziali emittenti, anche al netto della selezione operata dai fondi sottoscrittori. Il default infatti anche di una sola emissione rischierebbe di compromettere tutto questo mercato in gestazione, ragione per cui vi è molta enfasi nella selezione dei potenziali emittenti.
Il successo di questo tipo di mercato potrebbe in sintesi rappresentare l’opportunità per attivare un processo di parziale disintermediazione bancaria da parte delle PMI, consentendo l’accesso diretto al mercato del credito oggi estremamente liquido, ma che vede l’Italia molto indietro rispetto alle principali economie occidentali (oltre l’80% dei prestiti alle imprese Italiane è ancora erogato dal sistema bancario).

Umberto Nobile
Partner EY
Mediterranean Private Equity Leader
Tel. 02806691
Cell. 3351230340
Umberto.Nobile@it.ey.com
www.ey.com


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