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Digitalizzazione: «Un cambio organizzativo più che tecnologico»

ORI Martin tra i protagonisti del convegno «Il manufacturing del futuro» organizzato da Stain

TRAVAGLIATO (Bs) - La resistenza al cambiamento è parte dell'istinto di sopravvivenza delle persone e, quindi, anche delle imprese. Tuttavia, il miglioramento delle performance e la stessa sopravvivenza di un'azienda dipendono sempre di più dalla trasformazione digitale, ossia dalla sostituzione delle tradizionali modalità di fare business con processi più innovativi ed efficienti. 
È stato questo il principale argomento di una tavola rotonda organizzata da Stain, software house specializzata in soluzioni MES (Manufacturing Execution System) che di recente è entrata a far parte del Gruppo Lutech. L'evento, intitolato «Il manufacturing del futuro - tra tecnologie 4.0, AI, Big Data», si è tenuto ieri 23 novembre a Travagliato (Brescia) e ha visto la partecipazione di Lorenzo Greco (chief revenue officer Lutech), Claudio Morbi (amministratore delegato di Stain), Roberto de Miranda (membro del comitato esecutivo di ORI Martin), Pietro Rota (CEO di Orobix - Antares Vision Group) e Mauro Loda (director DN Automotive Italy). Mentre Pietro Rota ha illustrato alcuni esempi di applicazione di tecniche di intelligenza artificiale al contesto industriale (come vision inspection per il controllo qualità e predictive maintenance per la prevenzione dei fermi macchina), Mauro Loda ha sottolineato l'importanza dei dati del MES Stain per l'aumento della produttività e il controllo dei consumi energetici.

«Non è facile digitalizzare un'acciaieria», è stata la premessa di Roberto de Miranda nel presentare il case study di ORI Martin, gruppo siderurgico che da anni ha intrapreso la strada della digitalizzazione dietro due spinte: una esogena, proveniente dai mercati di riferimento (in primis quello dell'auto), che necessitano di processi certificati; una spinta endogena, da parte cioè della proprietà, affinché il know-how delle singole persone che compongono l'azienda diventassero un patrimonio della stessa azienda. «Negli anni abbiamo operato un cambio del sistema gestionale e introdotto tanti sistemi sul campo – ha spiegato –. E mentre lo facevamo, mi sono reso conto sempre di più che la digitalizzazione, più che un cambio tecnologico, è un cambio organizzativo, di mentalità. Per esempio, abbiamo dovuto creare nuove funzioni che prima non esistevano e tuttora stiamo imponendo una nuova cultura del dato: eravamo abituati prima a fare e poi a raccogliere i dati, mentre abbiamo bisogno di vederli in tempo reale per poter prendere decisioni tempestive». ORI Martin lavora con Stain da diversi anni e, ha sottolineato de Miranda, «insieme abbiamo fatto passi da gigante. I risultati sono tangibili: li vediamo per esempio nella diminuzione degli scarti e dei pezzi difettosi, nel miglioramento della produttività e delle ore uomo sulle macchine». Dopodiche, ha continuato de Miranda, «abbiamo compiuto passi che definirei "più sperimentali", guidati dal progetto Lighthouse»: quello di ORI Martin è uno dei quattro in Italia finanziati dal MiSE con l'obiettivo di creare una "cyber-acciaieria" in grado di produrre acciaio 4.0 attraverso macchinari innovativi e connessi, con un'attenzione particolare alla tracciabilità. Da questi propositi è nata l'esigenza di avere un MES all'altezza come quello di Stain.

Un MES che in realtà, come raccontato da Claudio Morbi, «è nato con l'obiettivo di controllare la produzione. Tuttavia, si è capito che oltre alle informazioni relative alla produzione, erano utili anche un controllo della qualità, del processo, delle risorse ecc. Quindi il MES è una tecnologia per raccogliere e diffondere dati, darli "in pasto" ad algoritmi più intelligenti e potenti». Ma, ha avvertito, «non basta immettere tecnologie all'interno di un'azienda. Bisogna saperle utilizzare e avere una roadmap chiara e sostenibile, perché è inutile darsi obiettivi irraggiungibili. Ed è necessario un salto culturale prima che tecnologico. Oltre ovviamente che risorse, sia economiche che umane».

Non sorprende quindi che tante imprese non abbiano ancora abbracciato la "digital transformation": «Molte aziende hanno adottato applicazioni come PLM e CAD ma non il MES perché il MES non è soltanto un prodotto: è un metodo, un percorso estremamente invasivo», ha sottolineato Lorenzo Greco.

Per de Miranda «le difficoltà sono sempre legate alle persone. Internamente abbiamo fatto fatica a convincere i più scettici ad adottare nuovi sistemi, nuove tecnologie e nuove organizzazioni. Spesso è anche "colpa" dei fornitori di tecnologia, che non parlando la stessa lingua dei nostri dipendenti non sono in grado di ascoltare, capire e spiegarsi a loro volta».

Mauro Loda infine ha posto l'accento sul fatto che la maggior resistenza al cambiamento si trova «ai livelli intermedi, non tra gli operai. L'operaio si fa trascinare, mentre sono i livelli intermedi che vanno convinti della bontà e necessità di un percorso». Ma, in conclusione, «tutti i lavoratori vanno coinvolti, motivati e responsabilizzati spiegando loro l'importanza del dato».

Da sinistra a destra: Enrico Pagliarini (Radio 24, Il Sole 24 Ore), Pietro Rota (CEO Orobix - Antares Vision Group), Lorenzo Greco (chief revenue officer Lutech), Roberto de Miranda (membro del comitato esecutivo ORI Martin), Claudio Morbi (AD Stain Srl), Mauro Loda (director DN Automotive Italy).


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