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A Vicenza l'ultimo saluto al "Cavaliere d'acciaio"

Nicola Amenduni, «un uomo che amava parlare del passato ma viveva nel presente e pensava al futuro»

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VICENZA - «Un uomo che amava parlare del passato ma viveva nel presente e pensava al futuro». Forse è questa descrizione fatta dal figlio Maurizio con la voce rotta dall’emozione a raccontare al meglio il cavaliere d'acciaio Nicola Amenduni.
Gremiti sia il duomo della sua amata Vicenza, che lo spazio con il maxi-schermo, per dare oggi l’ultimo saluto al patron di Acciaierie Valbruna, scomparso lo scorso 7 febbraio a 103 anni.

Un grande uomo lo ha definito il sindaco della città veneta Francesco Rucco ringraziando i ministri Luciana Lamorgese e Erika Stefani per la presenza insieme al governatore veneto Luca Zaia. «Un uomo che ha amato Vicenza come pochi e a cui va il nostro grazie».

Commosso anche il tributo del mondo dell’acciaio con il presidente di Federacciai Alessandro Banzato: «Porto all’ing. Nicola Amenduni il saluto di tutto il suo mondo dell’acciaio. Di quella Federacciai che ha contribuito a far nascere, di cui è stato un grande presidente e un punto di riferimento per i suoi successori, di cui io sono solo l’ultimo. Ricordo con affetto i suoi preziosi consigli, i suggerimenti e anche i rimproveri. Dal punto di vista personale, nel ricordo di quando venivo a trovarlo con mio padre voglio dire solo Grazie Nicola».

Uno dei momenti più toccanti è stato senza dubbio il lungo «arrivederci» che gli ha dedicato il figlio Maurizio a nome dell’intera famiglia.

«Stiamo vivendo una profonda sensazione di smarrimento. Siamo da sempre stati abituati alla sua figura in azienda, lo vediamo anche oggi, tutto ce lo ricorda ma non c’è e riusciamo solo a percepirne il passaggio. Papà era quello che si dice un galantuomo d’altri tempi, che ha basato la sua vita su valori di un’altra epoca, come la sacralità della parola data, come una promessa che aveva un valore superiore ad un contratto stilato dal migliore dei legali. Valori che si stanno perdendo ma che ci impegneremo a portare avanti. Papà era un uomo che amava parlare del passato ma viveva nel presente e pensava al futuro. Il suo credo era legato al lavoro mentre detestava l’ostentazione e l’esibizione. Aveva due famiglie, la nostra e quella dei suoi dipendenti che riteneva il patrimonio più grande di ogni azienda».

Solo al termine di questo saluto il profondo silenzio sceso sulla cattedrale vicentina si è sciolto in un lungo applauso. Un applauso che forse la riservatezza dell’imprenditore veneto di origini pugliesi avrebbe accolto con un rimprovero, ma che per le tante opere di bene raccontate in questa settimana di lutto è sicuramente meritato.

A sottolinearlo nell’omelia è stato lo stesso vescovo di Vicenza Beniamino Pizzol, «ora, senza timori, possiamo fare memoria di quanto bene abbia fatto, grazie alle sue straordinarie doti che lo rendevano simile all’acciaio. Duro di tempra e di spirito, ma duttile per potersi piegare in aiuto di tutti quelli che ne avevano bisogno. Come l’acciaio deve essere purificato nel fuoco anche Nicola ha affrontato molte sfide vinte con tenacia e volontà sfuggendo ai riflettori. Oggi tutti lo riconosciamo e lo piangiamo come un grande patriarca che ha lasciato la sua impronta. Uno dei suoi ultimi moniti è stato verso le persone di oggi, più aride e prive della comunione del passato. Usiamolo come sprono e per seguire i suoi insegnamenti».

Dal mondo dell’acciaio presente in massa, un ricordo particolare a lato della cerimonia arriva anche da Antonio Marcegaglia presidente e Ceo dell’omonimo gruppo.  

«Oggi abbiamo voluto essere qui, io e mia sorella Emma, non solo per dare la nostra vicinanza a Michele e a Massimo, ai loro fratelli e alla signora Mariuccia, ma per portare il saluto di Marcegaglia a un grande protagonista della storia siderurgica del Paese, un pioniere, come lo fu nostro padre Steno, scomparso nove anni fa. Con il Cavalier Amenduni ci lascia un’altra figura nobile degli “acciaieri” italiani: un grande uomo, capace di costruire un gruppo che oggi è una realtà di assoluto prestigio nel panorama siderurgico mondiale, restando sempre legatissimo alla sua terra e alla comunità vicentina. A noi figli la responsabilità di tenere alti i loro valori e quel modo di fare impresa usando “testa e cuore” e guardando sempre con attenzione anche fuori dai cancelli delle nostre fabbriche».


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