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Coronavirus: la Cina riparte, il mondo frena

Il “Dragone” rialza la testa mentre il resto del pianeta è alle prese con la fase acuta della crisi

Nella provincia cinese di Hubei, l'epicentro originario della pandemia da coronavirus, non si sarebbero registrati nuovi casi di contagio e per questo da oggi vengono ritirate le misure di lockdown che da oltre due mesi impediscono ai residenti di lasciare la provincia. La misura, che però non comprende la capitale Wuhan (dove il lockdown resterà in vigore fino all’8 aprile), prevede che gli abitanti che non hanno manifestato sintomi potranno ricominciare a viaggiare all'interno della Cina.

Tanto che quotidiano cinese Global Times ha riferito che l'industria siderurgica e i principali progetti di costruzione nella provincia di Hubei hanno ripreso l'attività e che Hubei Xinyegang Steel ha riportato il primo gruppo di 52 dipendenti a Hubei da Shanghai con autobus noleggiati. Un totale di 116 su 270 dipendenti per un progetto relativo all’altoforno di Xinyegang sono tornati alle loro posizioni e altri 50 stanno elaborando procedure per ottenere l'autorizzazione necessaria.

Nel frattempo, anche i progetti su larga scala stanno ripartendo: come i lavori per la ferrovia ad alta velocità Zhengzhou-Wanzhou di 287,2 chilometri che sono ricominciati lunedì, con oltre 900 addetti all’opera, mentre un grande progetto di costruzione a Shiyan, da parte della China 19th Metallurgical, ha ripreso l’attività.

In quasi tutto il resto del mondo, però, la situazione è ben diversa: basti pensare che ArcelorMittal a cui il decreto del governo italiano consente di continuare a produrre acciaio nel sito di Taranto, ma sul cui futuro prossimo non si hanno grandi certezze, ha annunciato drastiche decisioni relative ai propri siti in giro per il mondo.

Negli Stati Uniti, ad esempio, farà funzionare al minimo un altoforno nella sua acciaieria di Harbor nell’Illinois e taglierà la produzione nello stabilimento Dofasco a Hamilton, in Ontario.

In Europa, invece, è stato fermato un altoforno sito di Brema in Germania, mentre l'altoforno delle Asturie e le strutture di Sestao in Spagna si fermeranno nei prossimi giorni e l'acciaieria Aviles marcerà a metà capacità. Le linee di zincatura nelle Asturie e Sagunto saranno fermate. In Francia, poi, si fermeranno gli altiforni di Fos-sur-Mer e Dunkerque.

In Ucrania, invece, nel sito Kryvyi Rih sono fermi diversi impianti, anche ArcelorMIttal ha fatto notare che «se il governo interrompe bruscamente il funzionamento di alcune industrie, che in precedenza ha sostenuto efficacemente l'economia dell'Ucraina, l'intero Paese ne risentirà molto velocemente».

E c’è già chi, come il produttore siderurgico tedesco Salzgitter, guarda con preoccupazione al “dopo”: «Il coronavirus e i suoi impatti immediati - ha spiegato - hanno travolto gli affari e la società. Al momento non possiamo né mantenere il rapporto previsionale pubblicato il 16 marzo 2020, né fornire una nuova previsione sufficientemente solida per l'esercizio 2020»

O come il gruppo austriaco voestalpine, che nell’annunciare «misure adeguate alla situazione immediatamente dopo l'emergere del coronavirus in Cina», ha spiegato che «sono state implementate misure rigorose nella maggior parte dei Paesi, in particolare in Austria, per contenere la diffusione della malattia il più rapidamente possibile». Molti dipendenti di voestalpine «stanno già lavorando da casa dove le circostanze operative lo consentono e l'opzione verrà estesa ulteriormente nei prossimi giorni, per coprire tutte le società del gruppo».

Ma ha aggiunto che «molte strutture non possono funzionare se il personale non è fisicamente presente. Stiamo attualmente esaminando quali aree di produzione possono continuare a operare in conformità con tutte le normative legali e quali dovranno ridurre significativamente le operazioni o addirittura essere completamente chiuse. Il brusco crollo della domanda dei clienti sta costringendo l'azienda a ridurre la produzione in aree specifiche. Ciò include la riduzione della capacità di ghisa nel sito di Linz di circa il 20%, mediante la chiusura temporanea di un piccolo altoforno».

Liberty Liege-Dudelange, una sussidiaria del settore industriale e dei metalli di Liberty House, ha confermato che il tasso di assenteismo dei dipendenti era troppo elevato e la società ha temporaneamente chiuso i suoi tre siti produttivi a Flémalle, Tilleur e Dudelange dal 21 marzo. La scorsa settimana, Liberty ha anche sospeso le attività nel suo stabilimento Magona di Piombino.

Anche il gruppo brasiliano Gerdau, che sta posticipando cautelativamente tutte le iniziative di spesa in conto capitale 2020 a causa dell'incertezza sulla pandemia di coronavirus, ha sospeso tutte le operazioni in Perù e Argentina mentre ha sospeso le operazioni di fusione e laminazione nelle acciaierie con forno elettrico statunitensi di Jackson e Monroe nel Michigan e Fort Smith in Arkansas.

In India, invece, il governo centrale ha esortato quelli statali a impartire istruzioni adeguate per consentire movimenti interstatali senza restrizioni di camion che trasportano materie prime e acciaio finito al fine di mantenere una catena di approvvigionamento efficiente. Binoy Kumar, segretario alla siderurgia, ha scritto ai capi di Stato richiedendo che non vengano poste restrizioni al funzionamento delle miniere che forniranno materie prime per la produzione di acciaio.

In India, infatti, si prevede che la chiusura di impianti di produzione e della realizzazione di componenti per auto comporterà una perdita di fatturato superiore a 306 milioni di dollari al giorno. Rajan Wadhera, presidente della Society of Indian Automobile Manufacturing, ha dichiarato che questo «si tradurrebbe in una perdita totale di oltre 6 miliardi di dollari».


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