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«Costi di produzione ancora elevati nel 2023»

Per Tosini (Ufficio Studi siderweb) i ricavi dei produttori di acciaio caleranno per effetti quantità e prezzi negativi

Un terzo dell’economia globale sarà in recessione nel 2023, anno nel quale gli strascichi della pandemia in Cina, la crisi immobiliare nello stesso Paese, il conflitto in Ucraina e altri fattori "bruceranno" circa 4mila miliardi di dollari di crescita potenziale. È partito da questa previsione l’intervento di Gianfranco Tosini (Ufficio Studi siderweb) a "MERCATO & DINTORNI", ultimo appuntamento dell’anno con il webinar siderweb dedicato all’analisi della congiuntura siderurgica. Gli alti costi energetici, ha spiegato Tosini, continueranno ad avere un impatto sull’inflazione, che rimarrà elevata a livello mondiale. Di conseguenza, continueranno le politiche monetarie restrittive delle banche centrali e il conseguente aumento dei tassi di interesse. Si avranno quindi a cascata una riduzione dei consumi, un aumento del costo del denaro e dunque un freno agli investimenti. Nel frattempo, si assisterà a un rallentamento degli scambi a livello globale, con effetti negativi e positivi: da una parte un indebolimento della domanda, dall’altra una riduzione dei tempi di consegna dei fornitori e un calo dei noli marittimi.

Secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, la crescita del Pil a livello mondiale, dopo essere ammontata al 6% nel 2021, frenerà al 3,2% nel 2022 e al 2,7% nel 2023. I Paesi sviluppati cresceranno molto meno di quelli emergenti. L’area più colpita dalla crisi sarà quella dell’euro (3,1% nel 2022, 0,5% nel 2023), ma anche la Cina avrà un tasso di crescita relativamente basso rispetto ai tassi storici (3,2% nel 2022 e 4,4% nel 2023 dopo l’8,1% del 2021). L’India crescerà di oltre il 6% sia quest’anno sia nel 2023.

Quanto alla domanda, a livello globale è prevista una crescita dell’1% per il prossimo anno, contro il -2,3% del 2022. «Difficilmente torneremo ai livelli del 2021 (+2,8%) – ha affermato Tosini –. Un contributo negativo deriva dalla Cina, che costituisce un’anomalia: la domanda è diminuita del 5,4% nel 2021 e diminuirà del 4% quest’anno, mentre nel 2023 la crescita sarà nulla. I motivi sono da ricercarsi nel rallentamento dell’economia e, in particolare, nella crisi del settore immobiliare, che pesa per circa il 30-40% sulla domanda di acciaio». Le "locomotive" della domanda in Asia e Oceania saranno i Paesi dell’ASEAN (+6%) e l’India (+6,7%).

Il calo della domanda si rifletterà sulla produzione. Già nel 2022 si avrà un impatto negativo, con un calo dell’output mondiale di acciaio pari al 2,3%. Anche in questo caso, a pagare il prezzo più alto sarà l’Europa. La Cina registrerà un tasso di crescita relativamente basso rispetto agli anni passati.

Concentrandosi sull’Italia, l’analista dell’Ufficio Studi siderweb ha sottolineato che l’economia del nostro Paese «si è distinta per resilienza nel 2022»: il Pil ha registrato un andamento positivo per sette trimestri consecutivi, fino al terzo trimestre 2022, perciò l’anno si chiuderà con un aumento di circa il 3,4%. Tuttavia, tra il quarto trimestre di quest’anno e il primo trimestre del 2023 ci sarà «un aggiustamento al ribasso dei volumi di attività che porterà a una stagnazione dell’economia». Nel 2023 l’inflazione si ridurrà solo in parte, mantenendosi più che doppia rispetto al target della Bce, per effetto dei prezzi del gas e dell’energia elettrica. La politica monetaria restrittiva porterà a un aumento dei tassi sul credito che, a sua volta, provocherà un deterioramento del livello di liquidità delle imprese rispetto alle loro esigenze operative. In altre parole, le stesse imprese «saranno costrette a rivedere i piani di investimento fatti per il 2023».

Prendendo in considerazione le diverse previsioni su Pil e inflazione, ha continuato Tosini, si evince come nel 2022 l’Italia crescerà di oltre il 3%, mentre per il 2023 la situazione sarà «di sostanziale non crescita imputabile soprattutto all’andamento del primo semestre».

I settori utilizzatori, dopo un 2021 «eccezionale», stanno mostrando un rallentamento sia a livello Ue sia soprattutto in Italia. Nel comparto italiano delle costruzioni, per esempio, si avrà un dimezzamento della crescita della produzione quest’anno rispetto al 2021, mentre per l’automotive si passerà da un +18,8% a un +0,1%. Avremo quindi «qualche segnale di minore resilienza che ci dovrà far riflettere sulla reale capacità della nostra economia di reggere a una recessione che, seppur limitata, ci sarà».

Critici per l’attività dei settori utilizzatori saranno il quarto trimestre di quest’anno e il primo trimestre del 2023, ma «anche il secondo trimestre 2023 secondo alcune previsioni», ha rimarcato Tosini. Per i trimestri successivi è prevista una ripresa delle attività, ma nel complesso il 2023 registrerà bassi livelli di crescita sia rispetto al 2021 sia rispetto alla prima parte del 2022.

Tosini ha quindi proposto un confronto tra l’andamento dei costi energetici, quello dei costi delle materie prime e quello dei costi di produzione per tonnellata di acciaio nel 2021, nel 2022 e nel 2023. Quest’anno i costi delle materie prime (minerale di ferro e rottame) sono diminuiti leggermente rispetto al 2021, al contrario dei costi energetici che sono esplosi. Nello specifico, il prezzo del gas, dagli 0,55 €/m³ del 2021 è passato a 1,34 €/m³, mentre dovrebbe scendere a una media di 1,20 €/m³ il prossimo anno. Il caro elettricità ha fatto crescere ovviamente i costi della produzione da forno elettrico (EAF) ma, ha sottolineato Tosini, anche i costi legati alla produzione con altoforno e forno a ossigeno (BF/BOF) sono saliti perché i prezzi di materie prime come il carbon coke sono cresciuti «e non bisogna dimenticare il costo della CO2». Per il 2023, i costi di produzione di una tonnellata di acciaio mediante EAF dovrebbero scendere dai 681,28 € di quest’anno a una media di 632 €, quelli della produzione mediante BF/BOF dai 778,25 € di quest’anno a 674 €. Questo perché «il calo del gas e dell’energia elettrica sarà molto graduale, mentre per il carbon coke le diminuzioni di prezzo dovrebbero essere più consistenti, salvo imprevisti». In conclusione, quindi, anche nel 2023 «i costi energetici e quindi i costi di produzione rimarranno elevati rispetto agli anni passati».

Sulla base dell’andamento dei costi, Gianfranco Tosini ha provato a descrivere quale sarà l’impatto su ricavi e redditività dei produttori siderurgici italiani. Nel 2021 i ricavi sono cresciuti del 64% in media grazie a un effetto quantità e un effetto prezzo entrambi positivi e il tasso di redditività è stato del 5%. Nel 2022 l’effetto quantità sarà negativo (-3,6%) mentre l’effetto prezzo sarà ancora positivo (+11,1%) e questo si tradurrà in un aumento del fatturato del 7,5%, con un tasso di redditività del 3,5%. Il prossimo anno «la situazione si capovolgerà per la somma di due effetti negativi: l’effetto quantità (-3%) e l’effetto prezzo (-10,5%). Prevedo quindi ricavi in flessione del 13,5% con una redditività della gestione industriale più che dimezzata rispetto al 2021». In queste condizioni, ha concluso l’analista, «sarà più difficile per le imprese finanziare la transizione ecologica, che richiede grossi investimenti».


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