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Salvaguardia: Italia moderatamente esposta

Ferrari: «L’impatto più violento sarà nei prossimi 5 mesi. Tagli all'import europeo per 1,6 milioni di tonnellate»

MILANO – «L'impatto più violento della Salvaguardia ci sarà nei prossimi cinque mesi: da qui a giugno le imprese europee dovranno ridurre le importazioni rispetto al 2018 di 1,6 milioni di tonnellate, cioè 325mila tonnellate in meno al mese». Un'osservazione che trova conferma nell'aggiornamento sul consumo dei contingenti al 18 febbraio. Lo ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell'Ufficio Studi siderweb, nel proprio intervento in qualità di relatore al convegno organizzato da Assofermet "Salvaguardia acciaio, le misure definitive".  
L’incontro, aperto dal presidente di Assofermet, Riccardo Benso, e dal presidente di Assofermet Acciai, Tommaso Sandrini, ha voluto chiarire i diversi aspetti del provvedimento europeo che riscrive fino al 30 giugno 2020 le regole di importazione dei prodotti d’acciaio in Europa.

L’intervento di Ferrari, preceduto da quello dell'avvocato Fabrizio Di Gianni dello studio Van Bael & Bellis di Bruxelles, che ha illustrato passo passo la normativa, si è focalizzato sul possibile impatto delle misure di Salvaguardia sul mercato europeo e italiano. Una sintesi di quanto già affrontato in modo più articolato nel set di approfondimenti proposti su siderweb nelle scorse settimane, che hanno dato vita alla pubblicazione "Salvaguardia: istruzioni per l'uso".

Il responsabile dell’Ufficio Studi siderweb nella propria analisi ha messo a confronto il contingente fissato dalla Commissione Ue sulla base della media di import del periodo 2015-2017 con i dati disponibili sulle quantità di importazione del 2018, raccogliendo elementi interessanti.

«I prodotti sottoposti al regime di Salvaguardia importati dall’Ue nei primi 10 mesi del 2018 sono stati 24,458 milioni di tonnellate – ha spiegato Ferrari -, pari all’81,5% del totale delle importazioni europee di prodotti finiti in acciaio (escluse materie prime e semilavorati). Fuori dalla Salvaguardia, quindi, rimangono solo le briciole. In Italia, con 5,621 milioni di tonnellate, l’incidenza della Salvaguardia è ancora maggiore, toccando l’86,4%».

«Ragionando in termini di prodotti, rispetto al 2018 saranno i lunghi a dover subire una maggior riduzione dei volumi, con il tondo in pole position, seguito dalla vergella e dai laminati mercantili. Sul versante dei finiti che possono aumentare i propri volumi, invece, abbiamo le lamiere da treno, i coils a caldo ed i coils a freddo a guidare i contingenti delle importazioni possibili.

Guardando alle dinamiche descritte in ottica italiana - ha proseguito Ferrari - vi sono diverse considerazioni da fare. Innanzitutto, il nostro Paese è un importante importatore in Ue: il valore assoluto dell’import tricolore è pari al 23%, ed è superiore sia al "peso" della produzione italiana nel continente (pari al 14,8% nei primi 11 mesi del 2018 ed al 14,4% nel 2017), sia a quello dei consumi tricolori, che nel 2017 (ultimi dati disponibili) sono stati pari al 14,7% dell’Ue. In sintesi, all’import l’Italia è sovra-rappresentata e, in linea generale, è più vulnerabile della media dei Paesi continentali.

Al lato pratico il rischio più elevato per l’Italia è rappresentato dalla Salvaguardia sull’inox, dove il nostro Paese ha il 48% dei piani ed il 27% dei lunghi in due categorie che subiranno un deciso taglio nei prossimi anni. Viceversa, per i lunghi nel loro complesso e nei tubi sembrano esserci problemi relativamente limitati, in quanto i due prodotti subiranno un taglio ma la quota di mercato dell’Italia è minima. Anche nei piani la quota è sì elevata, ma per prodotti che nel complesso aumenteranno i propri contingenti. In termini generali, l’Italia dovrà far fronte a tagli soprattutto nell’inox e nel lamierino magnetico, mentre per ciò che concerne lunghi e tubi la problematica appare nel complesso moderata».

Sul fronte delle quote di contingente per i singoli Paesi, dall’analisi elaborata dall’Ufficio Studi siderweb emerge come sia la Turchia ad essere particolarmente penalizzata dai nuovi limiti. La media di contingente elaborata in base ai dati relativi ad anni di sostanziale tranquillità dei produttori di Ankara si scontrerà con un 2018 che li ha visti particolarmente aggressivi, all’indomani del braccio di ferro commerciale con gli USA e la svalutazione della moneta locale.

«I Paesi a cui, per almeno un prodotto, è affidata una quota singola sono 20 – ha spiegato Ferrari -. Tra questi, la Cina è soggetta a maggiori attenzioni, con un contingente "personalizzato" per 15 prodotti, seguita da Corea del Sud, Russia, Turchia ed Ucraina con 12 e India con 10. Vengono, di contro, nominati solo una volta Bosnia Erzegovina, Iran, Malesia, e Vietnam.

Sommando le penalizzazioni o l’ampliamento di quota possibile per i singoli Paesi, notiamo che quello più penalizzato è la Turchia, che dovrà ridurre l'export rispetto al 2018 di circa 3,7 milioni di tonnellate nei prossimi due anni e mezzo. Anche la Russia subisce un colpo abbastanza forte (-1,2 milioni di tonnellate), mentre Taiwan, Cina e Corea del Sud limitano i danni a -400/500 mila tonnellate. Di contro, abbiamo invece la Bielorussia che potrà aumentare i propri contingenti di 175mila tonnellate nei prossimi 29 mesi, la Svizzera di circa 115mila, la Bosnia di 85mila tonnellate e Giappone ed Iran su volumi molto più risicati».

In estrema sintesi, dopo i primi cinque mesi di "sofferenza" il mercato dovrebbe trovare un nuovo equilibrio, soprattutto sul fronte turco e russo, che insieme dovranno tagliare quasi 5 milioni di tonnellate di spedizioni nei prossimi 29 mesi.

 


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