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Digital transformation: unire le forze

Un’opportunità, ma servono infrastrutture e alleanze

Avete presente quando una parola, una frase, un concetto dalla ristretta cerchia degli specialisti entra in quella più ampia degli addetti ai lavori e, infine, diventa quasi mantra mediatico? Solitamente il fenomeno segnala due tendenze: una moda (più o meno passeggera) e l’avvio di una fase nuova (più o meno promettente).
Le parole chiave degli ultimi mesi sono “digital transformation”, “Fabbrica 4.0”, e “IoT”. A dirlo è il numero dei convegni, degli incontri, delle tavole rotonde che - dalla fine dell’anno scorso, ma con una significativa accelerazione negli ultimi mesi – si susseguono sull’argomento.

Diciamo subito che è bene che se ne parli
Aggiungiamo che forse siamo addirittura in ritardo. Ma, come spesso accade quando si apre una nuova stagione, le parole rischiano di sovrapporsi e gli approdi di confondersi. Quindi, senza la pretesa di fare didattica, ma con la consapevolezza che una sintassi comune è necessaria, un paio di definizioni (sintetizzando e semplificando le molte in circolazione).

Trasformazione digitale, IoT e Industria 4.0
La digital transformation è l’utilizzo di tecnologie digitali per ridisegnare prodotti, processi, comunicazione dell’azienda e quindi renderne il business più competitivo e più aderente alle aspettative del proprio mercato. Cambia radicalmente l’approccio perché consente di avere informazioni direttamente da tutto il processo, da tutta la filiera, fino al consumatore (o all’utente).
L’internet delle cose (IoT) definisce un sistema di apparecchiature, dalle più semplici alle più complesse, capaci di scambiarsi informazioni senza l’intervento umano. Il caso più semplice: la domotica. Un dato: a fine 2016 si stima che ci saranno 14 miliardi di oggetti connessi alla rete (100 miliardi nel 2020). La connessione consente di generare e utilizzare informazioni (i big data) nel ciclo produttivo e postvendita, con impatti sulla logistica, la fidelizzazione dei clienti e dei consumatori, l’erogazione di servizi aggiuntivi. E con un forte impatto anche sul risparmio di energia.
La Fabbrica 4.0 è l’azienda che applica le tecnologie digitali non solo negli uffici, ma anche nella parte produttiva, per aumentarne controllo, efficienza, sicurezza. L’industria 4.0 è la rivoluzione introdotta dalla digitalizzazione dei processi. Da questi ultimi “prende” dati utili alla gestione dell’intero processo. Qualcuno la definisce la quarta rivoluzione industriale. Il Paese che ha fatto più investimenti e che, dunque, è all’avanguardia è (come spesso accade) la Germania che ha avviato un progetto governativo fin dal 2011.
Il nostro Paese, rispetto ad altri grandi Paesi europei, ha due problemi. Il primo è l’infrastruttura tecnologica: la banda sulla quale corrono le informazioni spesso manca, è insufficiente, inefficiente; il secondo è la struttura industriale fatta di piccole e medie imprese.

Open Innovation/Innoviamo Insieme
Di Open Innovation e di trasformazione digitale si è parlato in un interessante convegno organizzato da Superpartes – società bresciana attiva nella digital transformation – e dall’Associazione Industriale Bresciana. L’obiettivo del convegno è stato quello di “allineare” imprenditori e uomini d’impresa sul nuovo orizzonte. Parole semplici per dire che non bisogna stare alla finestra. A partire da uno storytelling sulla comunicazione – svolto da chi scrive -  per raccontare informazione e comunicazione dalla corsa di Fidippide da Maratona a Atene fino all’atmosfera digitale. Con riferimenti culturali e citazioni da Erodoto a Tacito, da Bernardo di Chiaravalle a Petrarca; e poi al Cluetrain Manifesto; a scrittori e artisti: da Stephen King a Jovanotti. A Pier Paolo Pasolini. A giornalisti come Marco Bardazzi e Luca De Biase. Per dire della necessità di comunicare e di farlo dentro un sistema di riferimento. Poi i racconti chiari e diretti – tra gli altri quello del presidente di Siderweb, Emanuele Morandi e del presidente di Olimpia Splendid (condizionatori) – per dire che l’avvio del processo genera valore lungo tutta la filiera. Poi Luca Salgarelli e Marino Piotti a spiegare che cosa la tecnologia può fare e Ivan Fogliata per dire che le risorse finanziarie ci sono e Gianni Ferrari, con la sua capacità visionaria, a indicare il percorso. E, infine, il presidente degli industriali bresciani, Marco Bonometti, a dire che la digitalizzazione è il mezzo, lo strumento. Non il fine.

Tutto bene allora?
Sì, ma non basta. Avviare processi culturali, uscire dal mantra ed entrare nella realtà, è sempre positivo, ma non è sufficiente. Le criticità, a livello di sistema, emergono da quelli che si potrebbero definire “mancanza di programmazione” ed “effetto dispersione”.
La mancanza di programmazione è in capo alla politica. Solo da pochi mesi il Governo ha presentato il piano per la banda ultralarga che rientra in quella che è stata definita l’Agenda digitale (una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020). E’ una vera infrastrutturazione dalla quale dipende il nostro futuro. L’arretratezza fa il paio con l’effetto dispersione: molti, forse troppi soggetti a fare e proporre cose simili. Quando servirebbe specializzazione e cooperazione. E, magari, un legame a doppio flusso con l’università (in entrata e uscita). Serve qualcuno che si assuma l’onere e l’onore di fare questa regia. Niente tavoli, niente cabine, per favore. Ma di sicuro un confronto tra soggetti, una condivisione dei saperi. Dunque forza, qualcuno prenda il testimone e chiami a raccolta. Il rischio, altrimenti, è che alla meta si arrivi tutti con un grave ritardo. Un ritardo che potrebbe costarci molto caro.


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