28 maggio 2015
Nel bilancio più che lusinghiero di Made in Steel – per numero di espositori, presenze dall’estero e visitatori – c’è una voce non meno importante e che rischia di non essere adeguatamente valorizzata: la volontà e la capacità della comunicazione.
Generalmente in una manifestazione espositiva non è facile cogliere il significato generale di un’appartenenza mentre è più semplice passare in rassegna tante individualità, tanti espositori preoccupati di mettere in vetrina la propria produzione, le proprie novità, i propri progetti. Made in Steel ha superato questa caratteristica (che generalmente è un limite) riuscendo a dar voce a una comunità economica, a un’intera filiera.
Questa voce si è manifestata nelle assemblee delle associazioni nazionali di categoria, dove è stato possibile cogliere le preoccupazioni ma anche l’orgoglio degli imprenditori chiamati a pronunciarsi sui tempi di uscita dalla crisi e sull’adeguatezza delle misure economiche e di sostegno alla ripresa messe in campo dal Governo.
Questa voce si è tradotta nelle analisi e negli scenari di «Industria e Acciaio 2030», che non è una pubblicazione ad uso interno degli uffici studi ma un vero e proprio «manifesto» dell’industria siderurgica italiana, che rivendica un ruolo da protagonista nelle trasformazioni culturali e sociali (oltre a quelle economiche) della manifattura. Affrontare i temi della sostenibilità e di un futuro non immediato significa essere consapevoli di una responsabilità non rinchiusa all’interno della fabbrica ma comunicata a tutti, perché a tutti sia evidente che la costruzione del domani è un impegno per tutti.
Questa voce si è «materializzata» nella maggior parte degli stand espositivi presenti a Made in Steel. Ho passeggiato lungo i corridoi della manifestazione e ho notato un grande cambiamento rispetto alle edizioni precedenti, soprattutto nella capacità comunicativa. Stand con spazi più ampi, con una migliore valorizzazione delle scelte di design, con un maggiore ricorso alla multimedialità, con una più forte attenzione al messaggio. Insomma, tutti ingredienti di una comunicazione di qualità rivolta non solo alla propria clientela ma a tutti, comprese le altre imprese che sono certamente «concorrenti» ma allo stesso tempo impegnate nello stesso percorso di sviluppo e di crescita. Suggestivi i riferimenti alla qualità della produzione, alla tecnica dei materiali e dei processi, alla competitività internazionale, alle sfide del futuro, alla sostenibilità ambientale, alla simbologia dell’Expo (compreso quell’Albero della vita innervato dall’acciaio).
Tre modi diversi – la voce degli imprenditori, gli scenari e le proposte alla riflessione di «Industria e acciaio 2030» e la qualità degli stand espositivi – che esprimono la stessa volontà di essere protagonisti consapevoli e responsabili di un cambiamento, naturalmente orgogliosi di poterlo comunicare.
Elia Zamboni
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