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“Cartello del tondo”: ecco cosa può succedere

Intervista al professor Carlo Scarpa in vista del ricorso al TAR delle imprese coinvolte nel provvedimento dell’AGCM

Poche settimane – la scadenza è il primo ottobre prossimo - e le otto acciaierie finite nel mirino à dell’Antitrust dovranno presentare ricorso al Tar. Toccherà al Tribunale amministrativo regionale del Lazio valutare le ragioni dei ricorrenti. Alfa AcciaiFeralpi SiderurgicaFerriera Valsabbia, Industrie Riunite Odolesi I.R.O.O.R.I. Martin - Acciaieria e Ferriera di BresciaStefanaRiva AcciaioFerriere Nord e la sua capogruppo Fin.Fer sono state sanzionate dall’autorità per la Concorrenza e il Mercato con una multa che complessivamente supera i 140 milioni di euro.

Le acciaierie, attive nella produzione di tondo e rete elettrosaldata, secondo l’accusa «hanno posto in essere, nel periodo 2010-2016, un’intesa unica, continuata e complessa in grave violazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, avente a oggetto il coordinamento delle reciproche politiche commerciali sui mercati nazionali dei due prodotti interessati, dove esse complessivamente coprono più dell’80% dell’offerta».

Per attuare l’accordo, secondo l'Antitrust, le imprese «hanno sfruttato sistematiche occasioni di incontro periodico, rappresentate tanto dalle riunioni dell’associazione Nuovo Campsider, dove ogni mese erano solite condividere informazioni commercialmente sensibili sui prezzi di acquisto del rottame ferroso (…) e sui rispettivi piani produttivi, quanto dalle riunioni quindicinali della Commissione Prezzi prodotti siderurgici della Camera di Commercio di Brescia, dove le imprese partecipanti definivano in modo concertato i prezzi di vendita di entrambi i prodotti che divenivano poi di riferimento per tutto il mercato».

In attesa di sapere se tutte le acciaierie presenteranno ricorso, abbiamo chiesto al professor Carlo Scarpa, Ordinario di Economia Politica all’Università di Brescia, uno dei maggiori esperti nazionali in tema politica della concorrenza, di chiarire a Siderweb le procedure dell’Autorità e il perché del ricorso al Tar.

 

Professore, partiamo proprio dalla fine. Perché la decisione dell’Autorità si appella davanti al Tribunale Amministrativo?

Nei procedimenti di questo tipo ci sono due aspetti. Il primo è amministrativo, ed è la fase nella quale ci si trova ora. L’Agcm è un’autorità amministrativa, e quindi le sue decisioni (come quelle di un Consiglio regionale o di un Comune) si appellano al TAR prima ed eventualmente al Consiglio di Stato. Poi – ma questo è un tema successivo – potrebbe partire anche una fase di fronte ai tribunali civili se qualcuno lamentasse un danno patito a seguito dei comportamenti (veri o presunti) delle imprese. Ma questo normalmente parte a valle delle decisioni del Consiglio di Stato.


Quali sono i parametri (o i contenuti) che il Tribunale amministrativo prende in considerazione?

Normalmente il TAR rispetta la discrezionalità amministrativa della Autorità ed entra nel merito solo quando riscontra evidenti illogicità nel ragionamento dell’Agcm, o registra gravi carenze probatorie. Questo avviene, non è impossibile. Non sempre, ma un numero significativo di volte l’Agcm si è vista bocciare i provvedimenti da parte del TAR perché ha ritenuto che l’Autorità avesse sbagliato a interpretare le norme, avesse considerato “gravi” dei comportamenti senza che vi fossero le condizioni oggettive per farlo, abbia esagerato la portata di certi comportamenti, etc.

Il giudizio del TAR è normalmente più di carattere formale che sostanziale; raramente l’analisi economica dei giudici del TAR differisce da quella dell’Autorità. Diciamo che un risultato che spesso si ottiene è una riduzione delle sanzioni – ma anche qui non vi è alcuna certezza.


Dal punto di vista della disanima del provvedimento, in che cosa questo differisce dai criteri presi in esame dall’Autorità?

In teoria, Agcm e TAR dovrebbero usare gli stessi criteri, ma in realtà il TAR è molto più libero. Notate che – come tutti gli organi amministrativi – l’Agcm ha una natura che può sembrare “duplice”.  Da un lato, gli uffici dell’Agcm – i funzionari dipendenti dall’Autorità – conducono le indagini. Dall’altra, il collegio dell’Agcm (i tre “membri” dell’Autorità) valuta le conclusioni delle indagini e decide. In teoria, il collegio dovrebbe valutare con occhio “terzo” quanto gli uffici segnalano. In pratica, raramente la conclusione di una istruttoria viene rovesciata dal collegio, che normalmente o blocca gli uffici molto prima, oppure poco più che ratifica le conclusioni alle quali gli uffici sono giunti al termine dei loro lavori.


Ma questo è normale o è una peculiarità italiana?

Negli USA chi istruisce la procedura porta poi il caso davanti a un giudice totalmente “terzo”. In Gran Bretagna la terzietà della Competition commission è molto più radicata, mentre in Italia (e altrove nel continente) la situazione è diversa.

Si noti che questo causa anche parecchio disagio alle imprese, che hanno la sensazione di essere nelle mani di  funzionari la cui azione non sempre viene sottoposta al doveroso scrutinio di un ente terzo. E’ quindi raro che i membri del collegio contraddicano gli uffici, che loro in un certo modo dirigono e con i quali devono continuare a lavorare.


Senza entrare nel merito del provvedimento, vista la sua esperienza, ci può aiutare a capire come “ragiona” l’Autorità?

L’Autorità punisce piuttosto regolarmente gli scambi di informazioni tra imprese e li assimila in toto con una intesa, senza chiedersi veramente se le informazioni siano “sensibili”, se fossero già pubbliche, se ci fosse un qualche interesse pubblico a scambiarle. Su questo tema sono decisamente molto rigidi – non sempre comprensibilmente. E lo sono, senza considerare se scambiarsi informazioni possa essere efficiente per le imprese, possa essere effettuato all’interno di un contesto pubblicistico (la Camera di commercio) o altro. Nella visione di AGCM, gli scambi di informazione sono (quasi) sempre indice di un’intesa.

Quello che dovrebbero invece chiedere è se – in assenza di una “intesa illecita” – le imprese avrebbero comunque avuto “unilateralmente” convenienza a trasmettere quelle informazioni. Dovrebbero chiedersi quanto le informazioni scambiate siano veramente riservate o non siano invece pubblicamente accessibili. Dovrebbero chiedersi se lo scambio di informazioni può servire alle imprese a operare in modo maggiormente efficiente. Ma – purtroppo – solo di rado queste considerazioni entrano nelle decisioni dell’Autorità.


Come vengono condotte le indagini da parte dell’Antitrust che si innescano a seguito della presentazione di una denuncia, come avvenuto nel caso in questione?

L’Agcm ha ampi poteri ispettivi. Entra nelle aziende, può  prelevare documenti, appunti, messaggi di posta elettronica. La cosa fondamentale è ottenere evidenza di contatti tra le imprese; solo a valle di questo si pone il problema se i dati effettivamente confermino, ad esempio, un allineamento dei prezzi “sospetto” o cose del genere.


Ci sono casi che ha affrontato o che sono stati affrontati che possono essere assimilati a quello delle acciaierie finite sotto la lente dell’Antitrust?

Quello dello scambio di informazioni è uno dei classici temi che l’Autorità tratta come intese, fin dal caso storico delle assicurazioni del 2000. Da allora ce ne sono stati davvero tanti. Di recente, quello dei cementieri era forse anche più debole di quello dell’acciaio. Quello tra imprese che fanno noleggio a lungo termine di auto era invece così debole, che lo stesso collegio ha deciso di abbandonarlo. Diversi altri sono in corso – è davvero una situazione molto tipica.

Sono casi accomunati dal fatto che spesso imprese anche in perfetta buona fede tengono comportamenti che l’Autorità invece censura. E capisco che le imprese possano sentirsi ingiustamente vessate. È poca consolazione, ma gli acciaieri sono in compagnia ampia e “di rango”.


Che cosa ci si può ragionevolmente attendere dal Tar?

Soprattutto, una attenta analisi dal punto di vista giuridico e fattuale. Come detto, il Tar qualche volta riconosce incongruenze o falle nella ricostruzione effettuata dall’Agcm.  E qualche volta succede che su questa base il Tar finisca per restringere l’orizzonte temporale della presunta intesa, il che serve quanto meno a limitare la sanzione (che è proporzionale alla durata dell’intesa stessa). O potrebbe negare che sussistano quegli elementi di gravità, che magari l’Agcm ha invece considerato – e di nuovo questo può avere un impatto sulle sanzioni. O potrebbe riconsiderare – analizzando con attenzione lo specifico comportamento di un’impresa – elementi che ne riducano le responsabilità.


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